Roma, 16 giu – Il suo nome è Doc., l’istruttore digitale di Poste Italiane. Si è presentato lo scorso 4 marzo a 4mila addetti alle lavorazioni interne dei centri di distribuzione di tutta Italia e nei prossimi mesi affiancherà anche i portalettere. Il neonato, ma già pluripremiato, Doc. è tecnicamente un chatbot, «un software basato su intelligenza artificiale che conversa in linguaggio naturale con le persone», come spiega la sua ideatrice Grazia Maremonti, responsabile dell’Area Corporate e Digitale – Corporate University, Risorse Umane e Organizzazione di Poste Italiane.

Dottoressa Maremonti, come è nata l’idea di un chatbot?

«Il digitale è ovunque e ha cambiato il nostro modo di vivere, di relazionarci e di comunicare: questo ha un impatto anche sulle modalità di apprendimento e sulle aspettative di accesso alla conoscenza e di informazioni all’interno delle organizzazioni. Il chatbot rappresenta una soluzione innovativa per la formazione poiché crea un vero e proprio ambiente di apprendimento in grado di assicurare a ciascun fruitore la costruzione di un proprio percorso formativo. Per costruirlo al meglio siamo stati nei centri di distribuzione e ci siamo confrontati con gli operatori: sono stati loro, le persone, a illuminarci spiegandoci in maniera semplice ciò di cui hanno bisogno per migliorare il loro lavoro».

Qual è la logica che sta dietro a Doc.?

«La stessa che ormai utilizziamo nella vita di tutti i giorni: quando abbiamo bisogno di sapere come realizzare una ricetta o come riparare una zip interroghiamo Google, Youtube, cerchiamo tutorial o risposte su un blog. L’istruttore digitale di Poste si comporta allo stesso modo, dando risposte scritte ai dubbi e alle incertezze degli operatori che, dalle loro postazioni, lo interrogano durante i processi lavorativi, mostrando immagini o brevi video».

Perché non seguire un modello di apprendimento tradizionale?

«La formazione tradizionale rimane un punto di partenza importante, ma non sempre sufficiente per chi lavora su un sistema come il Track&Trace, che per sua natura è in continua evoluzione e per cui è fondamentale che la formazione ne segua gli sviluppi. Doc. permette di trasferire conoscenza in modo rapido, puntuale, a tutti contemporaneamente ovunque essi siano sul territorio ed è in grado di imparare progressivamente tante cose, estendendo il suo dominio di conoscenza ad altri ambiti».

Come cambia l’approccio alla formazione?

«Il chatbot rappresenta per Risorse Umane e per l’Azienda un progetto innovativo. Fornisce ai colleghi uno strumento istantaneo e semplice per fare formazione di prossimità. Non c’è più solo il corso a cui si è iscritti ma un ambiente in cui il collega trova le risposte di cui ha bisogno mentre sta svolgendo una attività. La persona si fa promotrice della sua formazione, chiede a Doc. e fruisce in autonomia le pillole formative che il chatbot fornisce come risposte».

Questo modifica anche il mestiere del progettista didattico?

«Istruire un chatbot richiede nuove competenze che si aggiungono a quelle già in possesso dei nostri progettisti didattici: significa conoscere le regole per alimentare un motore di intelligenza artificiale e come organizzare i contenuti non più in modalità sequenziale, ma in frammenti atomici che producono senso nei flussi di una conversazione. Inoltre, ogni risposta che Doc. non riesce a dare ci permette di intercettare nuovi bisogni formativi che diventano nuova conoscenza per Doc. Un processo di miglioramento continuo a beneficio della produttività».

Chi ha lavorato al progetto?

«Un altro aspetto innovativo della realizzazione di un chatbot come strumento di formazione è stato il necessario coinvolgimento di un gruppo di lavoro interfunzionale, costituito dagli esperti della materia che conoscono i processi e il sistema T&T: le persone di Posta Comunicazione e Logistica; gli esperti di architetture e servizi software: le persone di Servizi Informativi; e noi di Risorse Umane, Corporate University. La piena collaborazione tra le persone per affrontare un lavoro sperimentale come questo e l’adozione di metodologie di lavoro agili sono stati la chiave di successo del progetto».

Quale sarà l’evoluzione di Doc.?

«Aiutare l’uomo non significa sostituirlo. Nel futuro ci saranno molte più macchine e noi umani impareremo a coesistere e collaborare con loro. Dopo i portalettere valuteremo l’utilizzo di Doc. in altri ambiti, ad esempio servizi finanziari, assicurativi e assistenza al cliente».

Perché il nome Doc.?

«Doc. sta per Doctor ma anche per Document: è un esperto che conosce le cose e le spiega in maniera chiara e semplice. Non è detto che Doc. un giorno non possa imparare a parlare. Al momento, non abbiamo previsto che fosse anche vocale, ma possiamo immaginare che un giorno possa diventarlo. Doc. sarà l’istruttore digitale di Poste Italiane in ogni ambito e con lui continueremo a essere un motore di trasformazione digitale per il Paese».

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