Roma, 5 giu – Scuola, digitale, algoritmi, intelligenza artificiale. Sono gli ingredienti di un dibattito aperto ma che indica già la meta ideale: il mondo della scuola non demonizzi l’inesorabile sviluppo di strumenti digitali e multimediali, ma accompagni, passo dopo passo, ciascuno con il suo ruolo e con le proprie competenze personali, il continuo processo di innovazione tecnologica. Esortazioni che arrivano da più parti, provando a sminare preoccupazioni per l’incalzare dell’avanzata tech. Recentemente sono scesi in campo docenti, studenti e famiglie, come ricorda il presidente dell’Aidr (Associazione italian digital revolution), Mauro Nicastri, tra i relatori dell’ultima Conferenza finale sul progetto internazionale Erasmus + “Decode – Develop Competence in Digital Era”, che negli ultimi tre anni ha visto coinvolti docenti, presidi, esperti del settore e decisori istituzionali.
In sintesi, tutti gli attori che recitano una parte da protagonista nel settore ‘education’ devono essere pienamente consapevoli che, dietro alle straordinarie potenzialità della tecnologia, si celano profonde implicazioni sociali, culturali ed etiche. Occorre quindi che la scuola, attraverso la formazione, che gioca un ruolo di primo piano nel settore delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT), aiuti ad accompagnare la complessità del cambiamento, piuttosto che marginalizzare alcuni aspetti come semplici rischi.
E proprio sulla scuola italiana, come dovrebbe – e potrebbe – essere, sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta dall’Università del Salento su una sperimentazione biennale che ha visto un plesso scolastico dotarsi di tecnologie digitali e rivoluzionare il modo di fare formazione all’insegna della condivisione e della proattività. Il caso di studio è stato indagato nell’IC3 di Modena, diretto da Daniele Barca, da anni impegnato con il Miur sul campo dell’innovazione della Pubblica Istruzione, e composto da quattro differenti plessi distanti tra loro fino a 10 chilometri. La tecnologia wireless ha permesso la connessione ai devices degli studenti, utilizzando in modo particolare l’invio simultaneo di foto e artefatti digitali prodotti degli studenti individualmente o in team. Il sistema Smart School è stato indagato per verificare lo sviluppo di competenze curricolari nelle soft skills (creatività, lavoro in team, senso di iniziativa), le modalità di conduzione dell’ambiente di apprendimento e lo sviluppo dell’idea di comunità professionale e nuovi modelli organizzativi.
I risultati, sia dal punto di vista didattico che da quello del coinvolgimento, sono stati straordinari, per di più in un istituto con una massiccia presenza di studenti provenienti da famiglie non italiane. Confermando il ruolo che i top player della digitalizzazione possono avere nel costruire un nuovo ruolo da protagonista della scuola capace di innovare trasformandosi in un luogo di futuro. Il quadro migliore di ciò che ci attende è arrivato dall’ultima Lectio Magistralis del Prof. Avv. Emmanuele Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, all’Università Europea di Roma sul tema “L’intelligenza artificiale e la robotica”, un prezioso contributo alla riflessione su un tema di grande attualità qual è quello dello sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale, in quanto attori globali di trasformazione e cambiamento della vita sociale, che avranno sempre di più un impatto profondo sulle persone e su ogni ambito dell’attività umana. Per il professor Emanuele, “la quarta rivoluzione che stiamo vivendo sta provocando una mutazione molto più rapida delle precedenti, con riflessi di carattere anche antropologico, oltre che culturale, scientifico, industriale, sociale, ambientale. Con riferimento in particolare all’impatto che esse hanno già prodotto e produrranno a breve sul mondo del lavoro, se da un lato in molti settori avremo la sostituzione del capitale umano con quello robotico e meccanico, dall’altro è vero che l’introduzione massiccia delle macchine e delle tecnologie digitali ed intelligenti sta già generando attività che prima non esistevano”. In questo scenario, ovviamente la formazione dei giovani ha un ruolo cruciale: è infatti necessario che la scuola, le università, la classe docente siano in grado di garantire agli studenti, accanto e non in sostituzione del sapere tradizionale, l’accesso a quelle nuove competenze necessarie per affrontare le sfide poste dalle nuove tecnologie.