Il giornalista Bruno Vespa

La Luna, le lettere e i francobolli. Che nesso c’è? Chiedetelo al più popolare giornalista della tv italiana, Bruno Vespa, autore lo scorso anno del libro “Luna” nel quale racconta quella notte indimenticabile e i retroscena legati a un evento che ha segnato la memoria collettiva. Oltre ai fatti – e in questo caso allo spazio – ci sono anche le lettere e i francobolli tra le passioni di Vespa, come lui stesso ha rivelato a Postenews in un’intervista realizzata poco tempo fa, in cui parlava appunto del suo libro sull’evento del 20 luglio 1969, quando Neil Armstrong, al comando della missione spaziale Apollo 11, sbarcò per primo sul suolo lunare.

Cinquant’anni fa cambiava la prospettiva dell’uomo, della società, della conoscenza. Perché ha scritto questo libro?
“Ho voluto ricordare un grande sogno collettivo. Era impensabile che l’uomo raggiungesse la Luna e soprattutto che lo facesse in meno di dieci anni, dopo che Kennedy nel ’60 aveva lanciato la sfida. Nel libro parlo della storia delle conquiste spaziali da Jules Verne all’aprile scorso, quando gli israeliani fallirono nell’allunaggio della loro sonda. Pensiamo di sapere tutto, invece “Luna” è pieno di retroscena”.

All’epoca giovane giornalista, che cosa ricorda in particolare di quella notte?
“Avevo vinto da due mesi il concorso che mi portò al telegiornale. Partecipai alla grande trasmissione come può farlo un giovane praticante. Ma era uno spettacolo meraviglioso con Tito Stagno, Andrea Barbato, Ruggero Orlando, il professor Enrico Medi che ci faceva capire anche i risvolti più astrusi…”.

Intorno all’allunaggio si sono sviluppate molte teorie dietrologiche e tesi del complotto. Ancora oggi c’è chi dice che il film dell’allunaggio sia una sorta di madre di tutte le fake news. Perché queste teorie, per quanto strampalate, resistono e trovano terreno fertile sui social network?
“I social sono uno strumento terribile di disinformazione. La Nasa ha risposto punto su punto agli obiettori. A me basta dire che sarebbe stato difficile imbrogliare le trecentomila persone che partecipavano al programma il 20 luglio 1969”.

Rimanendo in ambito storico, cosa rappresenta secondo lei Poste Italiane? Ricorda qualche evento di cronaca che ha visto Poste Italiane in prima linea?
“Io sono appassionato di corrispondenza e colleziono tuttora francobolli. Nel mio libro “C’eravamo tanto amati” ho raccontato il mio rimpianto per le lettere. La cosa che mi ha sempre stupito è la rapidità del recapito della corrispondenza di guerra. Un servizio fantastico. L’epistolario di Benedetto Croce documenta come alle lettere spedite da Napoli si rispondesse dal resto d’Italia nel giro di uno o due giorni…”.

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