Nicola Giarola, comandante e pilota, ti racconta “il volo di notte” nel tempo del Covid: “È stata una sensazione strana. Mentre tutto il mondo si spegneva, noi lavoravamo sempre di più. Sapevamo che era il nostro dovere, sapevamo di essere utili. Ogni notte su e giù per l’Italia, in cielo, per consegnare pacchi e lettere”. Nicola, 55 anni, veronese di nascita, romano di adozione, è solo uno dei quaranta piloti della flotta Poste Air Cargo. E la Poste Air Cargo oggi è la compagnia aerea dell’Azienda, la rete invisibile, e senza infrastruttura, costruita con l’ordito delle rotte, dagli aerei che viaggiando sopra le nostre teste, fin dall’inizio della pandemia, continuano a tenere connesso (e quindi anche unito) il Paese.
La maratona dei pacchi
È sulle ali di questa compagnia che viaggia la stragrande maggioranza dei pacchi che ogni giorno gli italiani ricevono nelle loro case. Un ritmo crescente, una rete che partendo dall’hub aeroportuale di Montichiari (a Brescia), tocca tutti i capoluoghi da cui la corrispondenza viene smistata – grazie alla catena di terra – in ogni angolo d’Italia. Ma se chiedi al comandante Giarola come siano queste notti, ti sorride: “Vengo dall’Esercito. Sono nato come pilota militare, ho deciso che avrei fatto il pilota dopo il liceo. Conosco bene la mistica e la letteratura del volo di notte, a partire dai libri, bellissimi, di Antoine de Saint-Exupery. Ma la verità – aggiunge il comandante – è che in questi mesi il nostro lavoro di cargo, da un capo all’altro dello Stivale, nel vuoto e nel silenzio radio di tutti gli altri, è stato molto più simile alle tappe cronometriche di un tour infinito”.
Nella “torre di controllo” dell’Eur
C’è stato un cambiamento radicale nel trasporto postale, anche negli ultimi mesi. Gli aerei sono sempre più pieni. Il corpo e le braccia di Poste Air Cargo sono dislocati negli aeroporti toccati da questa staffetta di moto perpetuo, ma il cuore e il cervello della Compagnia pulsano in un grande palazzone dell’Eur, attaccato alla casa madre. Perché è in questa sede che lavora Fabio Pierfederici, il responsabile operativo, nonché il capo della scuola di volo aziendale, l’ATO (Approval Training Organization), che rappresenta soprattutto per i giovani piloti una grande opportunità di accedere all’attività professionale anche come piloti di linea. Ciò avviene mediante corsi per il rilascio e il ripristino di abilitazioni per diverse tipologie di aeromobile e per il conseguimento della certificazione di istruttore che, una volta qualificato, è abilitato ad addestrare comandanti e primi ufficiali attraverso corsi in aula e mediante specifici simulatori di volo. Poste Air Cargo ha una struttura gerarchica leggera, sopra Pierfederici c’è solo l’Amministratore Delegato, Rosario Fava: sotto di lui una squadra affiatatissima e compatta. Pierfederici oggi è la mente di tutto, ma inizia la sua carriera come pilota civile e ti racconta ridendo: “La mia è una passione nata da bambino: mio padre era dipendente di Alitalia. E io, vedendo questo mondo ho deciso che il mio futuro sarebbe stato in cielo”. Una carriera rapida, e intensa: 16.000 ore di volo prima di diventare l’allenatore (in campo) che come primo obiettivo deve far correre gli altri. Ma che spesso, come un ufficiale napoleonico, non disdegna di combattere in prima linea: “Ogni tanto, in queste notti senza tempo, torno a volare pure io”.
Primo ufficiale pilota donna
L’ultima voce che scelgo, per raccontare un mondo, è quella di Carmen Muscaridola. La sua storia è un paradigma. Primo ufficiale, pilota e donna, e – per fortuna – non più una mosca bianca, nella battaglia con cui l’altra metà del cielo sta conquistando il cielo: “La prima donna pilota italiana, Fiorenza De Bernardi oggi ha 92 anni – mi ricorda lei – ma per anni è stata una profeta isolata, un caso pressoché unico”. Poi, in tempi più recenti sono arrivati segnali che il monopolio maschile si stava infrangendo, e Carmen ha capito che anche per lei si potevano aprire delle possibilità: “Quando negli anni Novanta lessi la notizia che nella scuola di Alitalia di Alghero erano entrate le prime tre donne corsiste dissi fra me e me: ‘Si può fare’. E mi sono buttata”. Carmen ti racconta della gioia di fare foto sopra le Alpi e l’Appenino, quando ha il tempo di farlo, e di quel volo sopra l’Etna in eruzione, dopo l’ennesimo viaggio di spola su Catania, con il vulcano infuocato: “Siamo rimasti incantati. Io vivo del mio lavoro, della mia curiosità, e di queste emozioni irripetibili”. E così, quando ascolti le voci di questo incredibile mondo di sognatori e maratoneti con le ali di Poste Air Cargo, la prima cosa che ti viene in mente che noi, gli altri, quelli della “razza – come direbbe Eugenio Montale – di chi rimane a terra”, dovremmo saperlo. Dovremmo ricordarci che, ogni volta che abbiamo un pacco tra le mani, che Poste lo ha fatto volare per noi, nel silenzio e nel freddo, grazie a queste donne e a questi uomini. Dieci chilometri più vicino alle stelle.
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