“Per noi anziani il turno del vaccino è arrivato con il sorriso del portalettere di Poste”

Quando qualcuno suona al campanello di casa, Antonina Franchina non sa mai chi aspettarsi. Perché non suonano solo per lei o per il marito Salvatore: suonano per tutto il palazzo. Da oltre quarant’anni, lui prima e lei adesso, lavorano alla portineria di questo edificio di cinque piani sulla via Libertà di Palermo: gestiscono le faccende condominiali per quindici famiglie. Quando il campanello suona, si trova in cucina a lavare i piatti. Il sole della mattina filtra dalle vetrate alte del seminterrato di quaranta metri in cui ha cresciuto i figli Loredana, Soraia e Antonio: finché i ragazzi hanno vissuto in casa dormivano sul divano-letto della sala da pranzo, che veniva aperto la sera e richiuso la mattina. Un ricordo che ad Antonina ritorna in mente per caso, mentre cammina lenta verso la porta per vedere chi ha suonato.
«È arrivato!» dice il postino appena la vede.
E ad Antonina viene da sorridere, perché quel giovanotto gentile – che da un paio di mesi è il nuovo portalettere – la mette di buonumore.
«Chi?» gli domanda asciugandosi le mani in uno strofinaccio.
«Il suo turno, signora!» risponde lui accendendo il palmare.
L’Ufficio Postale del quartiere è lì vicino, ma Antonina così vicino non l’ha sentito mai. Si era dimenticata di avergli domandato se era vera questa storia che potevano occuparsi loro di prenotare per il vaccino. Forse perché non ci credeva che un giorno, invece di lettere, cartoline, raccomandate e pacchi, i postini avrebbero portato anche la speranza.
Lo stesso pensiero che passa nella testa di Anna Teresa Li Castri, in un altro quartiere della città, nei pressi della stazione. La figlia lavora alle Poste e ci ha pensato lei ad avvisarla che il suo momento era arrivato. Anna sta festeggiando a modo proprio: fumando l’ennesima sigaretta, che la fa tossire di felicità, come se gli ottant’anni che ha compiuto da qualche settimana fossero un fatto che la riguarda fino a un certo punto.
«Non ho mai avuto paura…» sussurra al telefono alla figlia.
«Ma sono contenta» aggiunge segnando la data della vaccinazione.
Fa un’altra tirata lunga e si affaccia alla finestra del suo appartamento al decimo piano, da cui si allungano il mare da una parte e le montagne dall’altra. E le sembra di vedere, oltre il fumo bianco della sigaretta e l’orizzonte, persino il futuro.
E poi, in fondo in fondo, oltre le alture di Palermo e lo stretto di Messina e la terra che separa la Sicilia dalle Marche, in un paesino dalle parti di Ancona che si chiama Colle Marino, c’è un altro campanello che suona.
Monica Ceccarelli ha appena smontato dal turno alla mensa dove lavora come aiuto-cuoca e quando, dalla finestra, oltre il giardino, vede il profilo della portalettere, il dubbio la sfiora. Perché l’aveva letta da qualche parte la notizia che si poteva chiedere a loro, gliene aveva parlato e ci contava su quella postina così a modo, di cui non sa nemmeno il nome, che da tanti anni consegna la posta a lei e a tutto il paese. Il dubbio del vaccino da prenotare. Ci contava, ma non per se stessa: per il figlio Ivan, che ha 28 anni e una disabilità congenita. E, già a metà del vialetto, Monica lo capisce, che la portalettere ha portato quella notizia. Per come sorride, per come prende il palmare con cui – ha scoperto – i postini adesso spostano fisicamente le persone nei centri vaccinali e verso la vita che ricomincia.
Ivan sarà il primo abitante di Colle Marino a farlo. È rimasto chiuso in casa per mesi, perché quando esce “tocca le cose”, non riesce a trattenersi dal posare le mani sulle superfici che ha intorno. E gli è rimasta la voglia fortissima di andare al cinema a guardare un film di supereroi o a mangiare al ristorante cinese il suo cibo preferito.
«Tra qualche giorno andiamo a vaccinarti!» gli dice la madre rientrando.
«Davvero?» domanda lui. «Chi te l’ha detto?» aggiunge.
«La signora che ci porta la posta!» risponde lei. Ivan ci pensa un attimo, poi cede a una domanda naturale, spontanea come il suo entusiasmo.
«Allora dopo andiamo al cinema?».