Lettere nella storia: nuovi schemi per una guerra vecchia

Con la guerra “oggi a Mariupol un pacchetto di sigarette vale una fortuna. Con quello puoi ancora ottenere cibo e acqua”. Lo racconta una lettera. Penuria di tutte le cose essenziali che, per averle, torna il baratto: questo porta la guerra e quella contro l’Ucraina lo conferma. In apparenza quella di Putin non è la guerra delle lettere. Ma se una resistenza esiste in questo frangente, calamitoso per l’Europa in particolare, è proprio la resistenza della lettera come genere letterario. Nonostante il predominio schiacciante dei nuovi media che diffondono nell’etere i messaggi e le confidenze private di milioni di cittadini, la lettera – a mano, a macchina o digitata – non è ancora morta.

Raccontarsi e raccontare

Raccontarsi e raccontare storie di vita, le dinamiche sociali brutte e belle, la fatica di vivere tra gioie e depressioni, viene bene specialmente quando ci si scrive. Perché scrivere una lettera è sempre misurarsi con gli eventi e con se stessi per non morire soffocati dalla incomunicabilità. La lettera obbliga a resettare la vita, guardarsi nello specchio dell’anima. Un tempo lontano ciò accadeva nel totale silenzio, nella quiete che conciliava la riflessione. Questa guerra ai mezzi tradizionali, di raccontarla e combatterla, unisce mezzi propri della tecnologia digitale. E così bisogna prendere atto che anche la lettera, da strumento personalissimo, inviolabile di narrare se stessi, espone facilmente alla pubblicità. Si ricorre facilmente a lettere collettive, di gruppi, per premere sul potere. Le lettere non viaggiano più solo via posta, ma tramite i media più disparati, social, telefonini.

Narrazioni social

Accanto alle note, ai comunicati dei media professionali, si espande la rete dei social con le narrazioni più disparate e gratuite sul conflitto rispetto alle note ufficiali dei tanti palazzi di potere, paralizzati al capezzale della guerra, considerandosi ancora gli unici gestori della pubblica opinione. In gran parte, le lettere riguardo alla guerra ucraina sono pubbliche, diffide e invocazioni di aiuto perché cessi il massacro. Nel tempo, quando l’ira politica sarà sbollita tra le distruzioni di vinti e vincitori, si scopriranno lettere personali, gelosamente custodite, che riveleranno anime, menti e cuori messi a nudo da una tragedia o semplicemente svelano trattative riservate tra le cancellerie e i protagonisti della guerra. Il conflitto attuale si combatte in parallelo con le armi sul campo e con i media nelle società civili. L’interferenza della comunicazione è diventata fortissima.

Su “Avvenire”

Si rinnova l’antica tentazione del potere di soffocare la libera informazione e, in aggiunta, si vive l’inedita babele e la confusione sui social dove la vittima più illustre nel conflitto è la verità. Tra tante verità, dove sta la verità vera? “Cerco di dare più spazio possibile, in questi giorni, alle voci dei lettori – scrive il direttore di ‘Avvenire’ nella rubrica delle lettere -. Rispondo, oggi, solo alla prima delle lettere che seguono, quella amarissima sull’esportazione della dittatura: è una tentazione più antica della vertigine che ha portato a pensare che la democrazia potesse essere esportata sulla punta delle armi e non ‘per sano contagio’ e paziente coltivazione, ma – grazie a Dio e al cammino fatto dall’umanità – la disastrosa esportazione sanguinaria della dittatura è un’illusione ancora più falsa. Bisogna averlo chiaro, bisogna saper resistere. Aiutateci, cari amici e care amiche, a ragionare fuori dagli schemi della guerra, che conosciamo bene e che non conoscono ragioni”.

Il valore della pace

Fanno ricorso a questi tentativi razionali al di fuori degli schemi di guerra lettere collettive più disparate apparse sui media a firma di scienziati, docenti, associazioni, psicologi e psichiatri, medici, operatori sanitari, artisti. Hanno in comune, incomprimibile, il valore della pace, la voglia di non comprometterla per nessuna ragione, la richiesta di fare il possibile e l’impossibile per ripristinarla e si imputa ai governi anziché ai popoli la barbarie della guerra. Il razionale e l’irrazionale della vita umana in ogni conflitto viene posto a confronto. Lettere di dissenso e di protesta si sono levate anche nella Federazione Russa. Il più fermo e garbato dissenso sulla guerra è la lettera in dieci lingue inviata da papa Francesco a tutti i vescovi del mondo per invitarli a unirsi alla consacrazione del mondo e in particolare di Russia e Ucraina, a Maria la madre di Gesù e regina della pace.