Si deve alle donne se da due secoli a questa parte si avvicina il riconoscimento pieno dei loro diritti umani. Parlando di donne, infatti, siamo alle solite: ancora lotta e fatica per vedere riconosciuto il loro “status” di persone con tutte le conseguenze per le suffragette. Il mondo dei maschi non ha facilitato la loro lunga marcia dei diritti, anzi per insipienza l’ha contrastata in tutti i campi. Gli stessi cristiani hanno frapposto fantasmi ideologici e contorti argomenti per resistere rispetto alla luminosa linearità del Vangelo. Nulla sarebbe cambiato nella discriminazione delle donne da parte maschile se non fossero state le stesse donne con i loro movimenti di liberazione a scuotere la cultura dell’ingiustizia sessista.
In lotta per le libertà
Le lettere sono state un importante mezzo di emancipazione sociale femminile. Fin dall’inizio la marcia liberatoria si trova raccontata e spiegata in modo singolare nelle Lettere delle prime donne che hanno rivendicato la propria dignità umana, cambiando gradualmente millenni di esistenza subalterna. Esempi sparuti del riconoscimento temporaneo del voto femminile si trovano fin dalla metà del 1700, ma una coscienza più robusta parte dalla Rivoluzione francese, quella dell’affermazione dei diritti inalienabili di libertà, uguaglianza, fraternità che, tuttavia, non si applicava parimenti alle donne. Invece si alzò, inattesa, la voce di Olympe De Couges a segnalare la lista delle sofferenze femminili, ponendo il dubbio di una Rivoluzione incompleta senza un pari riconoscimento delle donne. A cominciare dal diritto di voto che determina le condizioni di tutte le altre libertà.
Il coraggio delle donne
Da allora si usò la parola di “suffragette” per indicare in tono ironico e talvolta spregiativo le donne che reclamavano il paritario diritto di voto. Tra le prime donne a portare avanti la lotta per la parità in forme collettive e non solo individuali si ricordano i nomi di Barbara Bodichon, Helen Taylor, Emmeline Pankhurst, Millicent Fawcett. Sulle loro orme in Francia e Inghilterra, in Italia e in tanti altri Paesi seguirono folte avanguardie di altre donne coraggiose, conosciute o anonime. Tutte importanti per una battaglia che procede lentamente e in alternanza tra progressi e regressi. Neppure nelle democrazie avanzate è risolta del tutto la questione della piena liberazione delle donne, né può dirsi acquisita la nuova coscienza senza adeguati processi educativi.
Un dovere morale
La militanza tra le suffragette e la coscienza delle donne per il diritto di voto registra alti e bassi. “Ci sono gradi diversi di militanza – scriveva la Pankhurst nel 1913 a un’amica invitando alla militanza per leggi appropriate sul diritto di voto – Alcune donne sono in grado d’andare oltre rispetto ad altre, e ogni donna è la giudice del proprio dovere a questo riguardo. Tuttavia, essere militanti, in un modo o nell’altro, è un dovere morale. È un dovere che ogni donna deve alla propria coscienza e al rispetto di se stessa, ad altre donne meno fortunate e a tutte quelle che verranno dopo di lei”.
Oltre le barriere insensate
“Mia cara signora, sono molto impaziente di conversare con voi sulla possibilità di portare immediatamente al voto le donne. Non mi piacerebbe avviare una petizione o fare qualche passo senza sapere che cosa” scriveva nel 1866 la Bodichon a Helen Taylor che rispose: “È altamente auspicabile che le donne che desiderano il diritto di voto politico lo dicano, e le donne che non lo dicono adesso fanno un torto a se stesse per il futuro e ritarderanno l’ottenimento del diritto di voto…”. Essere suffragette comportò molte fatiche, arresti e carcerazioni. Ma non vennero meno su un punto di un ideale più ampio. “Con la nostra campagna suffragista – scriveva Mary Richardson – volevamo ottenere molto di più del voto per le donne. Eravamo donne in rivolta, guidate e finanziate dalle donne. Inaugurammo una nuova era per le donne e dimostrammo per la prima volta nella storia che le donne erano in grado di combattere le proprie battaglie per il bene della libertà. Stavamo combattendo tutte le barriere insensate che erano la maledizione del nostro sesso, facendo esplodere le teorie e le idee degli uomini su di noi”.