malavitosi pizzini

Nella fantasia comune i pizzini restano leggendari, suggestivi entro un alone di malcelato timore verso figure criminali che li hanno resi famosi. Poveri pizzini associati indelebilmente alla mafia, ai capi mandamenti. Eppure, ci si dimentica che fin dai primi anni di scuola il “pizzino” è stato il progenitore della letterina segreta d’amore al compagno o alla compagna di classe. Infatti, il pizzino altro non è che un bigliettino consegnato furtivamente all’interessato/a, senza spedizione postale.

Amori e terrore

Questi fogliettini maltagliati dei primi amori infantili non sono sempre stati un uso esclusivo di segretezze innocenti, ma un’arma segreta di potenti criminali. Per quanto diffusi, nell’immaginario collettivo sono stati infatti soverchiati dal sinistro richiamo criminale. Talvolta credendo che fossero letterine frettolose, di serie B, utilizzate in territori arretrati o da persone con scarsa dimestichezza con la scrittura. Pura fantasia che un generale dei carabinieri ha contribuito a sfatare proprio osservando la resistenza del pizzino nel passaggio graduale alla comunicazione informatica. La lettera non è andata in cantina né in soffitta. E neppure il “pizzino”.

Conoscenza dell’uomo

La corrispondenza come ogni altra forma di comunicazione – spiega il generale dei carabinieri Pasquale Angelosanto, comandante del ROS (Raggruppamento operazioni speciali), nuclei di eccellenza di contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata – costituisce un aspetto di conoscenza dell’uomo e, se questi è inserito nei contesti delinquenziali o associativo di tipo mafioso, del suo agire criminale. “Per esperienza che noi abbiamo di certe dinamiche – aggiunge il generale – il soggetto di interesse investigativo ricorre all’uso della corrispondenza quando vi è costretto dalla impossibilità di usare il contatto diretto o dalla indisponibilità di altro mezzo di comunicazione, come avviene per gli stati di detenzione specie per quelli in particolare regime di sicurezza, o di latitanza”.

Dal dialetto siciliano

Il termine “pizzino” – spiega Angelosanto – deriva dal dialetto siciliano e sta ad indicare un piccolo foglio di carta, un bigliettino. Nel corso del tempo, il sistema dei pizzini è divenuto un fondamentale strumento di comunicazione per consentire ai vertici di cosa nostra, per lo più latitanti, di veicolare ordini o imporre la propria leadership. Dal punto di vista investigativo e giudiziario questi scritti rivestono un’importanza fondamentale – sotto il profilo probatorio – per l’individuazione della rete di contatti dei capi e per la comprensione delle dinamiche mafiose e delle loro strategie”. Il ricorso a un linguaggio criptico, “fatto di pseudonimi, nomi convenzionali, sigle e numeri per indicare mittenti o destinatari, rende estremamente complessa la comprensione degli argomenti trattati e degli interlocutori coinvolti e riduce i rischi per l’organizzazione, in caso di rinvenimento da parte delle forze di polizia”.

Utilizzo mafioso

E così i pizzini sono stati decisivi per la soluzione delle indagini di qualche caso clamoroso di indagini. In un pizzino del 2006 Matteo Messina Denaro il latitante d’oro che tutti ancora cercano senza trovare, muoveva aspre critiche a Bernardo Provenzano scrivendo: “Allo stesso tempo non si faccia prendere dallo sconforto e dal panico, per esserle d’aiuto morale, pensi che per lei è tutto da dimostrare, laddove ci sono altri amici completamente inguaiati, non ci voleva tutto ciò, è una cosa assurda dovuta al menefreghismo di certe persone che tra l’altro non si potevano e dovevano permettere di comportarsi in siffatto modo”. I pizzini sono modalità di comunicazione tuttora adottate dalla criminalità che, negli ultimi anni, li ha anche affiancati a sistemi tecnologicamente più avanzati. Nel merito, le cosche mafiose hanno saputo adeguarsi, meglio di ogni altra organizzazione di carattere criminale, al cambiamento dei tempi, dell’evoluzione tecnologica e dei sistemi economico-sociali, riuscendo a coglierne tutte le potenzialità e le opportunità di arricchimento. Nel tempo, le mafie hanno modificato il loro agire mostrando estrema flessibilità sia per evitare misure repressive, sia per massimizzare i profitti. Ma il “pizzino” permane.