Roma, 30 lug – Prosegue velocemente la riduzione dello stock di sofferenze accumulate dalle banche italiane: alla fine del marzo scorso risultava diminuito del 39%, in termini netti rispetto allo stesso periodo di un anno prima, con un calo pari a 21 miliardi di euro. E secondo l’Outlook Abi-Cerved sulle sofferenze delle imprese, che analizza i tassi di ingresso in sofferenza delle società non finanziarie, questo forte miglioramento è stato generato non solo da operazioni di dismissione degli Npl (crediti deteriorati), ma anche da minori flussi di nuovi crediti in sofferenza.
Un trend, che con l’attuale rallentamento dell’economia italiana dovrebbe sostanzialmente stabilizzarsi, invece di tornare a peggiorare. Secondo lo studio, i miglioramenti più significativi hanno riguardato proprio le imprese, che sono però anche all’origine della maggior parte dei crediti in sofferenza: il tasso di deterioramento per le società non finanziarie (cioè la quota di crediti in bonis passati allo status di deteriorati) è sceso infatti al 2,4% dal 2,6% del marzo 2018.
Questo è dovuto a fattori congiunturali legati all’ultima fase del ciclo di ripresa economica, ma anche a una più attenta selezione del credito. Nel 2018 è, inoltre, proseguito il calo dei tassi di ingresso in sofferenza: dal 2,8% del 2017 al 2,5%, raggiungendo i valori del 2009. Sui minimi da quasi 10 anni quindi.
Secondo le previsioni elaborate sulla base dei modelli Abi-Cerved, l’incidenza dei flussi di nuove sofferenze sul totale dei prestiti in bonis delle società non finanziarie tornerà lievemente a crescere nel 2019 e nel 2020, per poi ridursi al 2,4% del 2021, collocandosi dunque a fine periodo di previsione su livelli inferiori a quelli effettivi del 2018, anche se ancora lontani dai livelli pre-crisi (1,7% nel 2008).