Roma, 7 ott – Oltre 160mila euro di benefici economici annui per le aziende europee del settore dei metalli; più di 400mila per quelle manifatturiere che producono alimenti e bevande; almeno 27mila (o il 10% del fatturato) per le imprese dell’ospitalità; almeno il 4% in più di ricavi per il settore automobilistico. E importanti risparmi di costi per le aziende agricole e delle costruzioni. Il tutto accompagnato da un sensibile miglioramento delle performance e da una accelerazione sul fronte dell’innovazione delle produzioni.
Questi alcuni dei benefici attesi dagli investimenti in misure di efficientamento rispondenti alle logiche dell’economia circolare, discussi oggi a Roma in occasione dell’Eurochambres Economic Forum (EEF), l’evento annuale promosso dall’Associazione che rappresenta 1.700 Camere di commercio presenti in 43 Paesi europei, alla quale fanno riferimento più di 20 milioni di imprese.
Una due giorni, secondo quanto riporta un comunicato, realizzata in collaborazione con Unioncamere, che ha portato a Roma oltre 300 imprenditori e rappresentanti dei sistemi camerali del continente europeo, chiamati a confrontarsi sulla transizione verso una crescita sostenibile e sul ruolo che i diversi sistemi camerali possono avere in questo ambito.
“Uno sviluppo sostenibile non è solo una necessità dal punto di vista etico, sociale, ambientale. Ma è anche un’opportunità importante di crescita per le imprese e, più in generale, per l’intero sistema economico. Perché sostenibilità è sinonimo di competitività”, ha evidenziato il vice presidente vicario di Unioncamere, Andrea Prete. “In Italia quasi il 25% dell’imprese industriali e terziarie ha abbracciato la green economy per superare la crisi e investire sul futuro. Queste realtà – ha aggiunto – mostrano una migliore presenza sui mercati esteri, assumono di più e sono più competitive rispetto alle altre. Le Camere di commercio italiane insieme alle altre europee possono fare ancora molto per favorire la crescita delle imprese sotto il segno della sostenibilità”.
“I risultati finora raggiunti – afferma il presidente di Eurochambres, Christoph Leitl – mostrano che le Camere di commercio europee sono consapevoli delle proprie responsabilità e desiderose di contribuire alla soluzione delle sfide che ci attendono. Facciamo in modo che la sostenibilità si traduca in un’opportunità per le aziende e supportiamo le regioni resilienti e sostenibili”.
Per l’Europa delle imprese, aumentare il riutilizzo, il riciclo, la riparazione e la trasformazione dei prodotti potrebbe ridurre la dipendenza delle risorse della UE, stimolare l’innovazione, contribuire a creare nuovi modelli commerciali, rilanciare posti di lavoro, crescita e competitività.
Sono molte però le azioni che sarebbero utili per garantire una transizione di successo verso un modello di economia circolare a livello europeo. Tra queste abbattere le barriere alla circolazione delle materie prime secondarie; ridurre gli ostacoli normativi in materia di sostanze chimiche, prodotti e rifiuti; fare in modo che le misure di efficienza delle risorse non limitino la capacità innovativa delle imprese né aumentino eccessivamente i costi di produzione; promuovere e sostenere sistemi efficaci di raccolta, separazione e trattamento dei rifiuti al di fuori della UE in maniera da stimolare la domanda di soluzioni circolari innovative “made in Europe”.
Ma anche fornire alla forza lavoro le competenze necessarie; utilizzare al meglio le banche dati e le reti esistenti; alimentare, attraverso la digitalizzazione, lo scambio di idee e di soluzioni “circolari”.
Come mostrano le analisi effettuate da Unioncamere e Symbola, il nostro Paese vanta una serie di primati e di punti di forza sul fronte della greeneconomy. Sono una su 4 le imprese italiane extra-agricole che negli ultimi 5 anni hanno scommesso sull’economia “verde”, investendo sulla sostenibilità e l’efficienza ed ottenendo vantaggi competitivi in termini di export e di innovazione. Alla nostra economia green si deve anche il 13% degli occupati complessivi a livello nazionale, scelti tra quanti hanno competenze “verdi”.
Il nostro Paese, ricorda Unioncamere, è leader europeo per dematerializzazione dell’economia: ogni kg di risorsa consumata genera 4 euro di Pil, contro una media UE di 2,24 euro e un dato della Germania di 2,3 euro. Inoltre, l’Italia, con il 76,9%, è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti, più del doppio della media UE (36%) e meglio di Francia (53,6%), Regno Unito (43,6%), Germania (42,7%) e Spagna (36,1%).
E per quanto riguarda le emissioni di gas serra, l’agricoltura italiana sta facendo molto e bene: con 569 tonnellate per ogni milione di euro prodotto dal settore primario made in Italy, si producono il 46% di gas serra in meno della media UE 28. Molto meglio di Spagna (+25% rispetto al nostro Paese), Francia (+91%), Germania (+118%) e Regno Unito (+161%). Inoltre, l’Italia ha il minor numero di prodotti agroalimentari con residui di pesticidi (0,48%), inferiore di sette volte rispetto ai prodotti francesi e di quasi 4 volte di quelli spagnoli e tedeschi ed è campione sul fronte del biologico: 64.210 i produttori biologici italiani, molti di più di Spagna (36.207) e Francia (32.264).