Tiene la manifattura in una delle zone nevralgiche del comparto industriale italiano, come quella del Reggiano dove, nonostante l’emergenza sanitaria, quasi quattro imprese reggiane su cinque hanno mantenuto stazionario il numero degli occupati nella propria azienda nei primi sei mesi del 2020, mentre il 2,3% ha aumentato l’occupazione. Dall’analisi dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio sui dati Excelsior emerge che hanno invece registrato una maggiore resistenza occupazionale le aziende dei settori manifatturieri, soprattutto le industrie meccaniche ed elettroniche, con dipendenti in aumento nel 4,7% delle imprese; seguono quelle ceramiche ed estrattive (l’occupazione è aumentata nel 4,3% delle aziende) e le chimico-farmaceutiche e della gomma-plastica (3,5%).
La chiave dello smart working
La situazione del Reggiano è emblematica per la densità del tessuto produttivo. La presenza stabile dell’impresa sui mercati esteri, poi, si mostra una strategia vincente dal punto di vista occupazionale: tra le imprese esportatrici, infatti, sale al 4,6% (cifra doppia rispetto al dato complessivo) la quota di aziende che ha aumentato la consistenza dei propri occupati. Fra le attività industriali, sono state le industrie meccaniche ed elettroniche, con il 41,2% del totale imprese del settore, a fare ricorso in misura maggiore allo smart working. Relativamente alla dimensione aziendale, la stazionarietà occupazionale ha riguardato più dell’82% di quelle di maggiori dimensioni, ovvero da 50 dipendenti in su.