Il demografo Rosina: i centenari di Poste raccontano come è cambiata l’Italia

Le parole dei “nostri” centenari raccontano di un forte attaccamento all’azienda ma soprattutto di un’Italia diversa. Professor Alessandro Rosina, dal suo punto di vista di demografo, come siamo cambiati?

“Il vostro confronto è con la generazione di lavoratori del secondo Dopoguerra, una generazione che ha affrontato un paese con bassi livelli di sviluppo e molta povertà. Quella generazione, partendo da condizioni di deprivazione e di eventi traumatici, si è presa l’onere di costruire il paese da un punto di vista psicologico e motivazionale. Ha interpretato l’Italia da proiettare all’interno dei processi di sviluppo del secondo Dopoguerra: è stata protagonista del boom economico, dell’allargamento del sistema di welfare, dei nuovi diritti sociali, della previdenza e del lavoro”.

Era più facile che il lavoro di quando si iniziava diventasse il lavoro di una vita intera?

“Sì, perché le condizioni erano molto diverse da oggi. Era più semplice iniziare un’attività lavorativa e portarla avanti in maniera stabile, fino alla pensione”.

Oggi?

“Oggi è tutto cambiato: l’entrata nel mondo lavoro è posticipata, il percorso professionale è più frammentato e anche le prospettive previdenziali sono più incerte. Chi è più giovane ha bisogno di un welfare da ripensare, perché le condizioni di una lunga vita attiva oggi sono molto più comuni. I centenari, che prima erano una rarità, sono parecchi e saranno sempre di più: sarà normale arrivare a questa età. E ciò comporta un altro fattore: chi oggi ha 100 anni, quando era in età lavorativa, raramente doveva accudire i propri genitori anziani, perché in pochi ci arrivavano. Oggi, invece, è comune. Ecco perché il welfare riguarda ogni fascia d’età”.

L’invecchiamento della popolazione equivale anche ad aumento della spesa sociale e all’indebolimento del Pil: quali sono le ricette per affrontare questa realtà?

“Il problema è sistemico: ci si trova con una spesa sociale incomprimibile per le pensioni e l’assistenza, che verrà inevitabilmente trascinata verso l’alto. D’altronde, non si può rinunciare a far vivere bene e in condizioni adeguate le persone in questa fascia d’età, sennò aumenta di conseguenza la spesa sanitaria. Calcoliamo che l’allora terza età ora è diventata una fase suddivisa a sua volta in tre parti: da 65 a 74 una fase adulta avanzata, dai 75 agli 84 quella tradizionalmente anziana dove non si lavora ma si è ancora in buona salute; dagli 85 in su diventano maggioritari l’assistenza e i servizi”.

Quali sono gli elementi sui cui si deve lavorare maggiormente?

“Oggi è fondamentale il ruolo delle nuove tecnologie, che sta già incidendo perché consente di lavorare a lungo e in modo ottimale. Sono tecnologie abilitanti, come le automazioni, i robot, l’IA che rendono tutte il carico del lavoro meno pesante e l’ambiente di lavoro più ergonomico e adatto alla propria fase della vita. Questo comporta allungare l’età lavorativa, risultando produttivi in un contesto non affaticante e adeguato, valorizzando soprattutto l’esperienza. Le nuove tecnologie riguardano anche chi è in condizione di non autosufficienza e consentono di vivere autonomamente. Oggi arrivano in età più avanzata persone in migliori condizioni di salute, con un maggior capitale umano e con il vantaggio delle nuove tecnologie.  Ecco, tutto questo va reso possibile dalle politiche sociali e dalle aziende”.

Quali sono, secondo lei, i valori su cui gli anziani dovrebbero lavorare per dare un insegnamento socialmente utile alle nuove generazioni?

“Il saper fare, che manca molto alle nuove generazioni. Le generazioni più giovani padroneggiano le tecnologie, ma per usarle coerentemente con gli obiettivi della azienda e con i risultati attesi serve di una combinazione tra esperienza e competenza. I più adulti devono aiutare i giovani a sviluppare i codici del saper fare e a inserirsi nel contesto lavorativo”.

Il ruolo di Poste Italiane è direttamente collegato alla storia di questo Paese. Come giudica tale “missione” nella comunità?

“Quello di Poste Italiane è un ruolo cruciale. Uno dei grandi cambiamenti rispetto ai primi decenni del secondo Dopoguerra è stato proprio l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro. Una fase in cui le donne cominciavano a trovare il rispetto dei propri diritti, la possibilità di arrivare a titoli di studio. Ed è stato soprattutto lo sviluppo del terziario che ha dato l’opportunità di valorizzare questo capitale umano. Poste, grazie alla sua presenza ovunque nel Paese, molto più di altri settori ha recitato questa fondamentale funzione di sviluppo sociale”.