Roma, 22 ago – La definizione di misure efficaci e coordinate di contrasto alle disuguaglianze non è più rimandabile. E’ l’allarme lanciato da Oxfam alla vigilia del vertice di Biarritz dei capi di Stato e di Governo del G7.

Nel rapporto, Oxfam rileva alcuni ambiti su cui i Paesi del G7 stanno alimentando la disuguaglianza invece di contrastarla. Tra questi: la riduzione del grado di progressività dei sistemi fiscali nazionali, un carico fiscale eccessivo sul lavoro e sui consumi, un’inefficace azione di contrasto agli abusi fiscali, l’agguerrita corsa al ribasso in materia di fiscalità d’impresa, investimenti insufficienti o inadeguati nei servizi pubblici, l’erosione dei diritti dei lavoratori e la precarizzazione del lavoro, un sostegno limitato a modelli d’impresa non orientati all’esclusiva massimizzazione dei profitti per gli azionisti, ritardi o impegni disattesi nell’aiuto ai Paesi più poveri, la promozione a singhiozzo di misure per la parità di genere.

Queste alcune “evidenze” del rapporto. Nel 2017, in media nei Paesi del G7, la quota del reddito da lavoro complessivo detenuta dal 20% dei lavoratori con le retribuzioni più basse si è attestata al 5%, mentre quella del 20% dei lavoratori con le retribuzioni più alte era di circa il 45%. Un divario che sta continuando a crescere dal 2004 soprattutto in Gran Bretagna e Italia, risparmiando solo Canada e Giappone.

E ancora. La forte concentrazione della ricchezza netta al vertice della piramide distributiva vede in prima posizione gli Usa – dove la metà più povera della popolazione deteneva a giugno 2018 circa l’1% della ricchezza complessiva del Paese, mentre il top-10% circa il 76% – fino ad arrivare al Giappone dove il 50% più povero dei cittadini deteneva circa il 10% della ricchezza e il top-10% era titolare del 49% del wealth stock nazionale. In posizione intermedia l’Italia: a giugno dell’anno scorso la metà più povera dei nostri connazionali possedeva circa l’8% della ricchezza complessiva del Paese, mentre il 10% più abbiente, circa il 56%.

I paesi del G7, infine, hanno una bassa mobilità intergenerazionale: in Francia e Germania sono oggi necessarie sei generazioni – più di 150 anni – affinché i figli delle famiglie più povere possano raggiungere il reddito medio nel loro paese; cinque generazioni in Italia, Regno Unito e Stati Uniti; quattro in Canada e Giappone. Elevati livelli di disuguaglianza sono associati alle difficoltà per le giovani generazioni di sperimentare livelli di benessere superiori alle generazioni precedenti.