È un rito nazionale litigare sulla scuola prima dell’inizio dell’anno scolastico e alla sua conclusione. Anche in tempi di pandemia, si discute sulle suppellettili, sui concorsi, sugli orari, i turni, i ricorsi, i punteggi. Forse è il tempo di rimettere al centro del dibattito nazionale sulla scuola una lettera famosa sulla scuola. Forse la più famosa di sempre, pubblicata nel 1967. Scritta da un piccolo gruppo di scolari di un minuscolo paese toscano sperduto. La scuola di Barbiana messa su da un prete che dava grattacapi al clero e agli amministratori locali. Morto di lì a poco, ancor giovane a causa di un tumore. Si era speso tutto come insegnante dedicato alla causa dell’istruzione dei suoi ragazzi. Don Lorenzo Milani è ormai noto in tutto il mondo perché aveva iniziato a cambiare la scuola dalla sua anima. Anzi ha cercato di dare un’anima di umanità alla scuola per poterla adeguare allo spirito della Costituzione italiana.

Un principio rivoluzionario

Lettera a una professoressa è una documentata denuncia sull’inutilità di una scuola selettiva, che invece di colmare il fosso delle disuguaglianze le mantiene intatte nonostante l’evoluzione dei tempi. La Lettera si fonda su un principio rivoluzionario: la scuola dell’obbligo non può bocciare. Il che significa che la scuola non deve essere orientata e organizzata alla selezione di classe dei cittadini, ma a rimuovere gli ostacoli al principio di uguaglianza e di sovranità di tutti i cittadini. “Cercasi un fine – si legge tra le pagine -. Bisogna che sia onesto. Grande. Che non presupponga nel ragazzo null’altro che d’essere uomo. Cioè vada bene per credenti e atei”. Il fine giusto “è dedicarsi al prossimo”. “Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte. Contro i classisti che siete voi, contro la fame, l’analfabetismo, il razzismo, le guerre coloniali. Ma questo è solo il fine ultimo da ricordare ogni tanto. Quello immediato da ricordare minuto per minuto è d’intendere gli altri e di farsi intendere”. “Tentiamo di educare i ragazzi a più ambizione. Diventare sovrani! Altro che medico o ingegnere”, perché “è solo la lingua che fa eguali. Eguale a chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno. Basta che parli”. La scuola è una grande questione nazionale. Lettera a una professoressa è lunga ma non troppo, 162 pagine che sconvolgono le carte truccate giocate finora. Potrebbe aiutare una ripartenza nazionale e aprire una incredibile operosità.