Blaise Pascal Lettere nella storia

È più conosciuto per i suoi celeberrimi “Pensieri”, ma parecchio della sua fama Blaise Pascal in vita e presso i posteri la deve a 18 Lettere a un provinciale, più note come Le provinciali scambiate tra due personaggi di fantasia, un cittadino di Parigi e un amico che vive in provincia lontano dalle questioni teologiche e morali dibattute nel testo, a causa delle quali un professore – tra le proteste – era stato espulso dalla Sorbona di Parigi. La prima di queste lettere pubblicata nel 1656 sotto falso nome, ebbe immediato ed enorme successo di pubblico appassionato dall’accesa polemica tra gesuiti e giansenisti sui temi della salvezza e della grazia.

La lettera di papa Francesco

Perché ricordare quest’opera di Pascal, figura oggi marginale nel dibattito pubblico alle prese con l’inquietudine che accompagna l’evoluzione della scienza informatica alle soglie dell’intelligenza artificiale? La sua figura e la sua opera sono state tratte fuori dalla polvere del tempo da un’altra lettera di grande respiro firmata da papa Francesco nel quarto centenario della nascita di quest’autore (19 giugno 1623), morto a soli 39 anni il 19 agosto 1662 e considerato tra le figure che hanno contribuito in termini significativi al Pantheon della cultura occidentale, sensibile sempre al rapporto tra fede e ragione. Pascal vi ha contribuito con l’aggiunta importante del cuore.

Il significato essenziale dell’uomo

Cuore e ragione intrecciati a valorizzare il significato esistenziale dell’uomo, a difenderne la libertà di essere irripetibile nel rapporto con la natura e la tecnica. Rispolverare l’intera sua ricerca può suggerire all’uomo del nostro tempo qualche sentiero per non perdersi nella sfida, ormai stringente, tra l’Intelligenza artificiale e l’intelligenza umana. Alle porte bussa insistente la ChatGPT con l’interrogativo su chi – tra uomo e tecnica informatica – avrà lo scettro del futuro. E in questa competizione conta molto richiamarsi alla pratica del grandissimo genio di Pascal, scienziato, matematico, inventore oltre che filosofo e teologo. Nella sua ricerca della conoscenza e della felicità andò sempre oltre, affascinato dal mistero di Dio entrato nella storia umana con Gesù Cristo.

Crescere nell’amore

Pascal non smise mai di crescere nell’amore per l’uomo compreso anche attraverso il prisma di Dio, garante definitivo della felicità che tutti cerchiamo. Se le Lettere provinciali sono rimaste famose per dipanare una polemica sulla grazia scoppiata con gli eretici pelagiani secondo i quali la salvezza dell’uomo avviene con le sue proprie forze e non per grazia di Dio, c’è in verità da considerare un altro suo breve scritto di potente misticismo. Breve ma intenso perché esistenziale e la dice lunga sui risvolti più intimi dell’animo di questo scienziato filosofo che annetteva massimo interesse a vivere con i poveri e per i poveri. L’ha ben descritta un sapiente a noi contemporaneo, José Tolentino de Mendonça, cardinale prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, nello spiegare il senso della lettera del papa gesuita dedicata a Pascal che inizia con le parole “Grandezza e miseria dell’uomo”.

Il mémorial

Sono i due termini che formano il paradosso al centro della riflessione e del messaggio di Blaise Pascal. “Il 23 novembre 1654, – ricorda il porporato – Pascal ebbe un episodio mistico conosciuto come la nuit de feu  (notte di fuoco) – del quale abbiamo una storica testimonianza personale in una lettera chiamata mémorial, che fu ritrovata dopo la sua morte, cucita all’interno del suo cappotto – che trasformò la sua vita e lo spinse a dedicarsi con rinnovata devozione alla preghiera, facendo della sua fede cristiana il centro assoluto della sua esistenza e dedicando ogni suo sforzo a profonde riflessioni filosofico-teologiche sull’uomo e su Dio”. Prima della notte di fuoco, Pascal credeva già in Dio, ma quella notte “egli ebbe l’illuminazione di riconoscere nel peccato il simbolo della mancanza del desiderio di Dio.

Il più grande genio

Non il Dio “dei filosofi e dei dotti… ma il Dio di Gesù Cristo… Gesù Cristo! Io me n’ero separato. Io l’ho fuggito, rinnegato, crocifisso. Che non ne sia mai più separato. Egli non si conserva che per le vie insegnate dal Vangelo”. Da quella mistica esperienza scaturì soprattutto la categoria del “cuore” che gli fu particolarmente cara. Papa Francesco “direbbe che in quella notte, egli si rese conto della sua “coscienza isolata e autoreferenziale”. E crebbe nel proposito di dedicarsi più che alla ricerca della fisica e della matematica alle opere di misericordia verso i poveri. Da una rassegna anche frettolosa della bibliografia riguardante Blaise Pascal emerge come credenti e non credenti siano rimasti affascinati dalla sua figura. Il cattolico Charles Péguy lo considerò “il più grande genio che la terra abbia mai avuto”; Friedrich Nietzsche lo riteneva “l’uomo più profondo dei tempi moderni”. Pochi sono i pensatori e i filosofi dal XVII secolo in poi che non si siano confrontati con la sua antropologia.