Roma 27 nov – Il numero dei resi sta crescendo esponenzialmente. Ordinare, provare, rendere: è questo il circolo vizioso che sta intrappolando l’economia e soffocando il pianeta. La possibilità di poter restituire un vestito o un oggetto comprato online è ogg, uno dei principali elementi che influenzano l’acquisto, tanto che, secondo uno studio pubblicato su The Journal of Marketing, le aziende che offrono resi gratis aumentano le proprie vendite del 457%. Come evidenziato da un report di Appriss Retail, lo scorso anno negli Stati Uniti il loro valore è stato di 369 miliardi di dollari, pari al 10% delle vendite. Una cifra destinata ad aumentare se non si interviene: come riporta GreenBiz, l’anno prossimo negli Usa il valore dei resi toccherà la cifra record di 550 miliardi di dollari, segnando un +75% rispetto al 2016.
Tanti gli effetti collaterali su aziende e ambiente: il trasporto è la prima fonte di inquinamento e l’aumento degli imballaggi si traduce ogni anno in un miliardo di alberi abbattuti. Come scrive il New York Times, il trasporto si piazza al primo posto tra le principali fonti di gas serra nell’atmosfera, un primato recentemente raggiunto dopo aver superato le centrali di energia.
“Il fashion renting può rivelarsi particolarmente utile per ridurre il numero dei resi, contribuendo alla salute dell’ambiente – spiega Caterina Maestro, fondatrice di DressYouCan. Con il noleggio è possibile ottimizzare il consumo rendendolo sostenibile, indossando abiti sempre nuovi senza alimentare gli sprechi tipici del fast fashion. Meno acquisti e più noleggio: con DressYouCan è possibile sfoggiare capi d’alta moda, senza comprare vestiti che, probabilmente, non verrebbero utilizzati mai più. Inoltre, il fashion renting è candidato a diventare un prezioso alleato di brand e stilisti poiché noleggiare i fondi di magazzino potrebbe rivelarsi la soluzione per diminuire il volume dei rifiuti tessili, un grave problema per l’ambiente dal momento che solo l’1% viene veramente riciclato”.
Con l’enorme quantità di scatole di cartone e involucri di plastica che vengono generati nel processo di restituzione, il packaging sta diventando un problema anche per le città, costrette a far fronte a quantità sempre maggiori di rifiuti. Situazione che ha già costretto l’amministrazione di San Francisco ad aumentare la tassa dei rifiuti. Inoltre, come segnala il rapporto di Forter Fraud Attack Index le frodi legate ai resi costano ai retailer più di 15,3 miliardi di euro l’anno. Una questione che riguarda soprattutto i rivenditori che offrono resi in negozio: grazie alle facili opzioni di ritiro, i truffatori prendono le informazioni personali degli acquirenti, ordinano i prodotti e se ne appropriano.
Ridurre i resi significa anche porre un freno al fast fashion, un’industria che emette il 5% delle emissioni globali di CO2 e crea in 48 ore ciò che, anche con le più avanzate tecnologie, occorrerebbero dodici anni per riciclare. La soluzione potrebbe essere più vicina di quanto si pensi: secondo uno studio riportato da The Telegraph, il valore dell’usato dovrebbe superare quello del fast fashion entro il 2028. Il resale guadagnerà sempre più spazio soprattutto tra i consumatori alto spendenti, che oggi rappresentano il 12% dell’audience e sono pronti a raddoppiare le proprie spese nei prossimi 5 anni.