In Poste Italiane si occupa di risorse umane. Un lavoro che, per sua stessa ammissione, ha influito sulla voglia di raccontare l’umanità, portandola a sperimentare i vasti e suggestivi orizzonti della letteratura. Ed è così che Carmen Verde, dipendente dell’azienda, con la sua “Una minima infelicità” si è guadagnata le attenzioni (e gli attestati di stima) del Premio Strega, del quale è entrata nella dozzina finale dell’edizione di quest’anno. Un riconoscimento al suo stile particolare e al suo ritmo veloce e leggero, “come un treno che attraversa la notte con tutte le luci accese” – ha detto di lei Dacia Maraini.
Carmen Verde e i retroscena sul libro
Non v’è dubbio che “Una minima infelicità”, nuova fatica della scrittrice di Santa Maria Capua Vetere, sia un libro vertiginoso, che si lascia leggere dalla prima all’ultima pagina, suscitando curiosità ed empatia immediate. Il romanzo è stato presentato a Poste Italiane, l’evento è stato celebrato anche con un annullo speciale di Filatelia. Un luogo dove Carmen, utilizzando una metafora sportiva, giocava in casa e dove ha emozionato i numerosi presenti con i suoi retroscena sul libro. “Nelle fotografie sediamo sempre vicine, io e mia madre: lei pallida, a disagio, con uno sguardo che pare scusarsi. A quei tempi, pregava ancora Dio che le mie ossa s’allungassero. Ma Dio non c’entrava. Se ci vuole ostinazione per non crescere, io ne avevo anche troppa”: è questo l’incipit di “Una minima infelicità”, che Carmen ama citare come prezioso fil rouge che lega assieme tutto il suo romanzo: “Annetta racconta la sua vita vissuta all’ombra della madre, Sofia Vivier – spiega l’autrice – bella, inquieta, elegante, Sofia si vergogna del corpo della figlia perché è scandalosamente minuto. Una petite che non cresce, che resta alta come una bambina. Chiusa nel sacrario della sua casa, Annetta fugge la rozzezza del mondo di fuori, rispetto al quale si sente inadeguata”. Fin qui la storia, bella e per certi versi struggente, di una famiglia raccontata attraverso i silenzi, le ombre, le lacune. È un qualcosa di non detto, ma che invece dice molto. Un romanzo fatto di vuoti parlanti, un dramma senza colpevoli”.
La parola “minima”
Ma è innanzitutto il titolo del libro, ad attirare l’attenzione del lettore. Perché quell’aggettivo “minima”, davanti ad infelicità, si ha la sensazione che rappresenti una delle chiavi interpretative. Già, ma perché quell’infelicità è minima? “L’aggettivo minima – ha spiegato Carmen Verde in occasione della presentazione a Poste – è l’anima del romanzo: ho inserito appositamente nel titolo una spia linguistica sull’uso che tendiamo a fare della parola. Noi siamo ossessionati dalla grandezza, crediamo che il mondo appartenga ai grandi, ai superiori e non ai piccoli, agli inferiori. E già nell’aggettivo minimo sembra che, accostato all’infelicità, ne abbassi quasi lo stato, aumentando il senso di disperazione. Invece non è così, perché l’infelicità minima è un’infelicità su misura del corpo minuto di Annetta, come un abito che le persone piccole di statura sono costrette a farsi cucire addosso”.
Un elogio del piccolo
A insaputa di Annetta, nel romanzo, il destino lavora in segreto. È l’arrivo di Clara Bigi, una domestica crudele, capace di imporre ad Annetta (l’io narrante del libro) regole rigide e insensate, a introdurre il primo elemento di discontinuità nella vita familiare. Il padre, Antonio Baldini, ricco commerciante di tessuti, cede a quella donna il controllo della sua vita domestica. Clara Bigi diventa così il guardiano di Annetta, arrivando a sorvegliarne anche le letture. La morte improvvisa del padre è per Annetta l’approdo brusco all’età adulta. Dimentica di sé, decide di rivolgere le sue cure soltanto alla madre, fino ad accudirne la bellezza sfiorita. Allenata dal suo stesso corpo alla rinuncia, coltiva con ostinazione il suo istinto alla diminuzione. Il libro di Carmen Verde, dunque, è anche un elogio del piccolo. E, in questo, si nasconde un grande insegnamento: che anche il piccolo può servire per spiegare il grande.
Il lavoro in Poste di Carmen
Carmen Verde lavora in Poste Italiane, presso l’ufficio Risorse Umane e Organizzazione. Come detto, esiste un parallelismo, una relazione, che si può tracciare fra il suo lavoro e la sua vena letteraria: “Nel mio lavoro – conclude l’autrice – c’è bisogno di attenzione alle persone. E l’attenzione è una virtù straordinariamente difficile da acquisire che, io trovo, sia importante tanto nella letteratura quanto, appunto, nel lavoro che ho la responsabilità di svolgere. Io credo che ciascuno di noi possa essere un potenziale personaggio da romanzo, perché ciascuno ha alle sue spalle i fallimenti, le volte in cui si è rialzato e ha dovuto ritentare. Dunque, credo che il mio lavoro, che di questa attenzione si nutre, mi abbia molto allenata a mantenere uno sguardo attento. E, se posso aggiungere, credo che anche all’azienda sia utile avere al proprio interno degli scrittori, persone che sono allenate al dialogo con l’alterità e dunque che mantengono la sensibilità di porsi delle domande, rivolgendole all’altro, come in un grande, proficuo processo di interazione reciproca”.
Qui sopra, il video del TG Poste.