Il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi

Roma, 6 giu – Proroga di altri sei mesi alla “tregua” sui futuri rialzi dei tassi di interesse e nuovi rifinanziamenti agevolati alla banche che aiuteranno a gestire possibili pressioni e, al tempo stesso, incentiveranno il credito all’economia. Sono le misure chiave con cui la Banca centrale europea ha reagito a un quadro di debolezza dell’economia e dell’inflazione che si sta trascinando più di quanto precedentemente atteso.

“Resta la fiducia sullo scenario di base, ma in un contesto di accresciuta e prolungata incertezza: a marzo potevamo sperare in un accordo sul commercio (tra Usa e Cina-ndr) e sulla Brexit. Ma ora è diverso”, ha spiegato il presidente Mario Draghi nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo.

L’istituzione ha come previsto confermato i livelli dei tassi di interesse. Ma ha anche deciso di modificare la foward guidance, le indicazioni che fornisce sul suo stesso orientamento riguardo ai tassi: il periodo in cui conta di non effettuare rialzi da “fino a fine 2019” a “fino alla fine della prima metà del 2020”.

Draghi poi ha alzato di una tacca i toni della retorica interventista, facendo presagire misure espansive nel caso il quadro economico e inflazionistico dovesse indebolirsi ancora.
“Il Consiglio è determinato ad agire nel caso di contingenze avverse”. Frasi nuove rispetto ai precedenti comunicati, accompagnate dalla circostanza, riferita dallo stesso presidente, che il direttorio nella discussione ha anche ipotizzato un riavvio degli acquisti netti di titoli del quantitative easing o tagli dei tassi.

Il direttorio, ha poi ribadito, è “pronto ad aggiustare tutti gli strumenti come appropriato” per garantire i suoi obiettivi di politica monetaria, in particolare sulla stabilità dei prezzi.

I tecnici della Bce hanno rimodulato le loro previsioni su crescita economica e inflazione dell’area euro, in un contesto in cui i fattori frenanti e l’incertezza che gravano sulle prospettive si stanno trascinando. Ora sul 2019 stimano un più 1,2% del Pil, un decimale in più rispetto alle stime di tre mesi fa, ma i dati su 2020 e 2021 sono stati all’opposto limati, in entrambi i casi al più 1,4 per cento.

La previsione di inflazione 2019 è stata invece leggermente alzata all’1,3 per cento, mentre quella sul 2020 è stata ritoccata di un decimale all’1,4 per cento e quella sul 2021 confermata all’1,6 per cento. L’obiettivo ufficiale dell’istituzione è avere un caro vita inferiore ma vicino al 2 per cento.

Nell’area euro “non ci sono probabilità di deflazione e ci sono probabilità molto basse di recessione, ma ci sta una calo delle attese di inflazione”, che peraltro “non sta accadendo solo in Europa”, ha detto ancora Draghi. “Ci sta un qualche tipo di fattore globale”. I rischi che gravano sulle prospettive dell’area euro “hanno hanno guadagnato rilevanza”.

Le misure annunciate sembrano aver deluso di primo acchito le aspettative che si erano create sui mercati, che magari scontavano anche di più ma nelle ultime settimana sono apparse piuttosto volatili ed erratiche. L’euro ha segnato marcate oscillazioni ma fondamentalmente si è apprezzato, invece di moderarsi come dovrebbe avvenire all’annuncio di misure espansive, e in serata fluttua vicino a 1,13 dollari.

Alcune delle novità più rilevanti di oggi sono poi nei dettagli tecnici dei nuovi Tltro (Targeted Longer Term Refinancing Operations), interventi finalizzati a immettere nel sistema del denaro, come “cuscinetto” sulle necessità di rifinanziamento delle banche nei prossimi anni, in particolare nelle fasi in cui saranno sotto pressione a causa dei requisiti prudenziali normativi. Al tempo stesso stimoleranno l’impegno del credito nell’economia reale.

Nelle banche che ottengono questi fondi, l’ammontare di prestiti netti durante il periodo di riferimento supererà soglie medie stabilite e il tasso effettivo potrà essere ridotto fino a raggiungere un livello pari al tasso medio applicato ai depositi presso la Banca centrale (-0,40%) con l’aggiunta di 10 punti base.

In pratica, in questa ipotesi la Bce retribuirebbe le banche a cui concederebbe credito con un tasso dello 0,30 per cento. (perché a scadenza dovrebbero restituire lo 0,30 per cento in meno rispetto alla somma ricevuta, laddove solitamente è uno X per cento in più).

Draghi è poi tornato a mettere in guardia dalle ipotesi di creare dei cosiddetti miniBot. “Ne avevo già parlato un’altra volta: i miniBot o sono moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito – ha rilevato – e allora il debito sale. Non vedo una terza possibilità. Mi fermo qui, ma noto che la visione che i mercati sembrano avere dei miniBot non sembra positiva”.

Infine è stato interpellato con una domanda pessimistica su quelle che potrebbero essere le virate dannose della politica monetaria se allo scadere del suo mandato gli subentrasse un presidente con orientamenti diversi, un “falco”. “E’ molto difficile – ha riposto Draghi – prevedere ipotetici eventi in cui si assume che il presidente della Bce agisca in un modo che non preservi l’euro: è una ipotesi che semplicemente non considero. E comunque – ha concluso – è il Consiglio che decide”.