Roma, 29 lug – Nel 2018 le riserve di petrolio sono in leggero aumento (+0,4%). Prevale la crescita in USA. Salgono i valori anche in Brasile e Norvegia. Scende l’aggregato OPEC per il ridimensionamento in particolare dell’Iraq, anche se l’organizzazione dei paesi produttori di petrolio conferma il suo primato (73% del totale mondiale). Al primo posto resta il Venezuela, seguito da Arabia Saudita e Canada.
E’ quanto emerge dai dati presentati dall’Eni nella 18a edizione della World Oil, Gas and Renewables Review, la rassegna statistica mondiale su petrolio, gas naturale e fonti rinnovabili. La pubblicazione è composta da due volumi, il primo, World Oil Review è dedicato a riserve, produzioni, consumi, import/export e prezzi del petrolio, con un focus particolare sulla qualità dei greggi e sull’industria della raffinazione sarà immediatamente disponibile online. Il secondo volume, World Gas and Renewables Review, dedicato al gas naturale e alle fonti rinnovabili (solare, eolico e biocarburanti), sarà pubblicato in autunno.
Il 2018 registra una crescita della produzione di petrolio di 2,5 Mb/g, per l’88% dovuta agli USA, che toccano un nuovo record, consolidando la prima posizione nel rank dei produttori mondiali. Gli USA inoltre guadagnano spazio nel trade internazionale, raddoppiando i volumi di greggio esportato ed entrando nella classifica dei top ten. Importante recupero del Canada, che supera la soglia dei 5 Mb/g, e record anche per la Russia, che accelera nella seconda parte dell’anno. Crescita zero invece per l’OPEC che, nonostante gli aumenti dei Paesi del Golfo (in particolare dell’Arabia Saudita), subisce le perdite per le sanzioni contro l’Iran (-0,2 Mb/g) e per il crollo del Venezuela (-0,6 Mb/g).
Il fenomeno tight oil continua a incrementare la quota dei greggi sweet light, che sale sopra il 20% a livello mondiale. Il WTI, benchmark light americano, copre da solo il 60% della crescita mondiale. Il crollo di Venezuela e Messico e l’arretramento dell’Iran prevalgono sugli aumenti di Arabia Saudita e Iraq, riducendo il peso dei greggi medium sour per la prima volta sotto il 40%, con impatti sui differenziali di prezzo e sulla raffinazione.
Nel bilancio regionale del greggio 2018 per la prima volta si azzera il deficit delle Americhe, che fino al 2010 ha superato anche i 5 Mb/g. L’impennata delle produzioni USA e la crescita del Canada superano di gran lunga il fabbisogno interno, generando un netto declino della dipendenza da petrolio dell’area nord americana. In leggero aumento il surplus del Medio Oriente, per gli incrementi di fine anno dei grandi produttori (Arabia Saudita, Iraq ed E.A.U.). Continua a crescere la dipendenza petrolifera dell’area dell’Asia e Pacifico, in testa per deficit a livello mondiale.
La crescita della domanda mondiale di petrolio nel 2018 è lievemente inferiore a quella del 2017 (+1,4% vs +1,6%), in un contesto di prezzi del petrolio in rialzo. Il valore si pone lievemente al di sotto della media registrata negli ultimi cinque anni (1,7%). Per il quarto anno consecutivo i paesi OCSE contribuiscono positivamente alla crescita globale anche se la domanda rimane trainata dai paesi non OCSE che rappresentano il 69% dell’incremento complessivo.
L’alleanza OPEC e non OPEC e la crescita sostenuta dei consumi guidano nel 2018 la risalita del prezzo del Brent ICE (72 $/b), in rialzo del 30% rispetto al 2017 (55 $/b). Nella prima parte dell’anno l’elevata disciplina OPEC+ e l’annuncio delle sanzioni all’Iran hanno sostenuto una curva dei prezzi crescente. L’anno ha chiuso in netto calo per gli aumenti di Arabia Saudita e Russia in eccesso rispetto alle perdite geopolitiche effettive e per i crescenti timori di rallentamento della crescita economica.
La capacità di raffinazione mondiale nel 2018 aumenta di 1 Mb/g rispetto al 2017, guidata dall’Asia che contribuisce alla crescita con il 75%. In Africa si registra la maggiore riduzione della capacità di raffinazione con una perdita di 0,3 Mb/g.