Roma, 11 mar – Nonostante il rallentamento, la domanda globale di petrolio continuerà a crescere: in media di 1,2 milioni di barili equivalenti al giorno l’anno da qui al 2024, secondo le previsioni dell’Agenzia internazionale per l’energia. Nel suo rapporto annuale, l’ente parigino tuttavia continua a non individuare un anno in cui la domanda segni il picco massimo, tra spinte contrapposte: a trainare gli incrementi restano i combustibili per trasporto aereo e la petrolchimica, bilanciando gli effetti deprimenti dovuti alla maggiore efficienza nei trasporti e all’uso di propulsione elettrica.

Secondo L’Aie i mercati petroliferi si stanno dirigendo in una fase di “cambiamenti straordinari”, che avranno implicazioni su lungo periodo sulla sicurezza energetica. E un cambiamento di rilievo c’è già stato con gli Stati Uniti che hanno clamorosamente assunto la leadership globale sulla crescita nella produzione di petrolio, anche se aumenti di rilievo hanno riguardato altri produttori non Opec come Brasile, Norvegia e Guyana.

Nei prossimi 5 anni gli Usa continueranno guidare la fornitura globale grazie al petrolio di scisto: alla fine del periodo in esame le esportazioni Usa di greggio supereranno addirittura quelle della Russia e si avvicineranno a quelle dell’Arabia Saudita, l’attuale primo esportatore dell’Opec e mondiale.

Secondo lo studio non vi sono precedenti nella storia sulle modalità con cui in appena 10 anni gli Usa si sono trasformati in un esportatore di primo piano. Da soli, con circa 4 milioni di barili, conteranno per il 70 per cento dell’aumento di tutta la capacità di produzione globale da qui al 2024. E dopo esser riusciti a aumentare l’offerta di 2,2 milioni di barili nel solo 2018.

“La seconda ondata della rivoluzione sul gas di scisto sta arrivando”, ha affermato Fatih Birol, direttore dell’Aie. “Si ripercuoterà sui flussi globali di petrolio e gas, con profonde ricadute sulla geopolitica dell’energia”. Sul lungo periodo la sicurezza delle forniture dipenderà dagli investimenti sull’estrazione (upstream) e per la prima volta dal 2015, secondo l’Aie, le spese sui sistemi tradizionali dovrebbero superare gli investimenti sullo shale gas.