Il portalettere di Brescello: “Il Mondo di Don Camillo e Peppone è cambiato, resta la genuinità della gente”

A Brescello c’è un “Mondo piccolo”. Questo paese della Pianura Padana fra il Po’ e l’Appennino fu reso celebre quasi 80 anni fa dai racconti di Giovanni Guareschi dai quali originò anche la serie di film su Don Camillo e il sindaco Giuseppe Bottazzi detto “Peppone”. Fu proprio lo scrittore a definire così il paese. Ai personaggi di Guareschi Brescello ha dedicato un museo che si appresta a compiere 35 anni – lo farà domenica – e per l’occasione Poste Italiane emetterà anche un particolare annullo filatelico dedicato. Alla Gazzetta di Reggio parla Luca Fava, portalettere applicato al pacchetto di distribuzione di Poviglio che da circa vent’anni consegna pacchi e corrispondenza.

La genuinità delle persone

“Sono un figlio di queste zone, sono di Poviglio – racconta Luca, che gioca anche in porta nella Povigliese – Lavorare nei luoghi d’appartenenza è un grande vantaggio, perché ci conosciamo tutti e questo mi aiuta tantissimo nel mio lavoro rispetto a tanti altri colleghi che magari lavorano lontani dai loro paesi di origine”. E prosegue: “Del mondo piccolo restano il temperamento e la genuinità delle persone, aperte al prossimo, accoglienti e tolleranti. Apprezzo molto il loro modo, che è anche il mio, di affrontare il mondo con leggerezza e il lavoro con attenzione e affidabilità”. Con un insegnamento importante: “Le imprese spesso sono compiute da chi detiene le posizioni più importanti nella gerarchia del mondo e del paese, ma per diventare grandi bisogna restar piccoli, cioè umili e semplici come tutti gli altri abitanti, senza differenza alcuna”.

Il postino e il suo rapporto con la gente

In uno scenario così, il lavoro del portalettere ha quasi degli spunti romantici: “Questo lavoro – spiega Luca al quotidiano – è fatto principalmente di dialogo e ascolto soprattutto nei piccoli centri, dove alle volte la solitudine, magari unita ad un’età avanzata, rende lunghe le giornate. La nostra voce, la nostra presenza, il più delle volte passa attraverso il citofono e diventa indicatore di rassicurazione e conforto ma soprattutto rimarca quel patto sociale tra azienda e territorio che anche oggi resiste”. Niente però è come l’incontro di persona: “Quando posso mi fa piacere ritagliarmi dei piccoli momenti con le persone che mi raccontano come sta andando la loro giornata- aggiunge – di quanto siano fieri di nipoti o figli che si laureano nelle città, o molto semplicemente una battuta sportiva seguita da un gran sorriso”. Il rapporto che si costruisce fra portalettere e residenti, dopo tanto tempo, diventa quasi familiare: “Con alcuni ci si conosce da sempre – spiega – quindi c’è grande cordialità. Ma questo non mi esime dall’essere professionale e di indossare la divisa con la consapevolezza necessaria e la dovuta responsabilità che impone il ruolo”. Il segreto? Presto detto: “Prestare la giusta attenzione alle abitudini delle persone, così da aumentare le possibilità che la spedizione venga consegnata al primo tentativo e di restituire così anche una maggiore qualità del servizio”.

Dal “Mondo piccolo” alla tecnologia grande

Ovviamente però gli anni passano, i tempi cambiano e il mondo si evolve. Anche il lavoro di portalettere in Poste Italiane è diventato estremamente tecnologico e smart. Le consegne di Luca non fanno eccezione: “Con l’arrivo della tecnologia digitale, il nostro lavoro si è velocizzato e semplificato – spiega al quotidiano – Ad esempio, la consegna tracciata di corrispondenza, pacchi e raccomandate, assicurate e atti giudiziari, anche grazie all’utilizzo della firma elettronica apposta dal destinatario direttamente sul palmare, ci permette di gestire in modo efficace anche operazioni a valore aggiunto, come il pagamento dei contrassegni, il recapito su appuntamento e il ritiro a domicilio”.