Entrare nell’“acquario” giallo con una punta di curiosità divertita. Immergersi nell’ultima novità ideata dai cultori dei rituali aziendali, applicata – stavolta – al più grande datore di lavoro in Italia. Navigare nel progetto “fishbowl” trasparente di Poste chiedendosi che effetto che fa. Ed ecco cosa è successo: dipendenti di generazioni diverse, con i curricula, le competenze e le esperienze più disparate, sono stati invitati dall’Azienda a riunirsi in questo simbolico acquario per discutere liberamente (e Insieme) della propria biografia professionale. Una chiacchierata senza rete. Uno scambio di esperienze, di codici, di memorie che (per ovvi motivi) sono diversissime tra di loro. Un esperimento (in streaming) che ha restituito ai suoi partecipanti sensazioni per certi versi opposte, ma sempre complementari. Per ricostruire questo dialogo ho ascoltato un dipendente per ognuna delle tre principali generazioni coinvolte, e mi sono fatto raccontare le sensazioni che hanno provato. È stato come attraversare mondi.
Stefania, la veterana
Il mio viaggio a ritroso inizia da Stefania. Stefania è una 58enne, si definisce una baby boomer, e ha – per così dire – un “interesse aggiuntivo” all’esperimento che le deriva dal suo lavoro alle risorse umane. Ride quando inizia a raccontare: “Sì, lo ammetto, il progetto “fishbowl” mi incuriosiva molto. Sono una veterana delle risorse umane di Poste, e professionalmente parlando… inutile negarlo, sono “una vecchietta””. Non lo dice soltanto con autoironia, ma, ovviamente, anche con molto orgoglio: “Immersa nella vasca dei pesci, ho raccontato quello che sento di essere oggi in Poste. Ho una melodia lunga. Ho visto nascere e morire tante cose, sono stata in Bancoposta, sono stata nella comunicazione, ho vissuto la grande trasformazione dell’azienda. Sono entrata in risorse umane portandomi dietro questo bagaglio complesso”. Stefania si sente in qualche modo una senior saggia: “Sono alla fine di un percorso, ho avuto tutte le soddisfazioni che potevo immaginare. Credo di poter trasmettere quello che ho imparato ai giovani colleghi, come un valore prezioso”. Tuttavia, all’inizio, persino lei era scettica sulla fishbowl. “Ci hanno coinvolto in questa cosa, ma io so che è sempre molto difficile aprirsi, recitare a comando”. E invece… “Invece nella riunione a cui ho partecipato si è creato subito il clima giusto. Come una magia”. Stefania ha capito, per esempio, come vengono percepiti quelli con la sua anzianità aziendale: “Non è vero che siamo stati dei privilegiati, ma ora capisco perché ci vedono così. Siamo stati una generazione ricca, abbiamo vissuto quando tutto era certo, sicuro. Noi anziani di Poste portiamo tutti questo peso e questa nostra corazza. E qualcuno può percepirla come una barriera”. Lei lo ha raccontato con uno slogan ironico: “Noi siamo quelli de “Il posto alle Poste””. E giustamente ride. Infine, il suo racconto: “Ho provato a comunicare l’impegno che metti con i più giovani. Sono un gestore di risorse umane. Il mio ruolo spazia tra attività molto diverse. Tra queste una delle più delicate è quella di offrire supporto ai colleghi in momenti difficili della loro vita, quando si tratta di conciliare esigenze personali e lavorative: in una grande azienda complessa come la nostra, quando qualcuno mi dice: “Ho un grave problema, mi serve più tempo per la mia famiglia perché mio figlio sta male”, io posso trovare nel rispetto delle policy e del contratto, gli strumenti per aiutarlo. Questo mi fa star bene”.
Mauro, perfetto millennial
Potresti ascoltare Stefania per ore. Ma se dalla boomer passi al trentenne il salto è vertiginoso. Mauro è un perfetto millennial di Poste, la generazione dei trentenni che sta cambiando il sangue all’Azienda. Ha appena trovato casa, è appena tornato nella sua città, è appena diventato responsabile… quando parla sembra che abbia il turbo. Ha 33 anni e lavora al coordinamento degli Uffici Postali. “Le identità contano: io sono romano, ma sono stato assunto in Veneto. Mi sono immerso nello spirito del Nord, e ora sono tornato a Roma. Mi sento diverso. Ho avuto fortuna, e lo so”. Mauro prosegue: “Nella fishbowl sono stato al gioco, e quindi mi sono messo in gioco. Ho raccontato cosa ha significato per me essere tornato sul territorio con il ruolo di coordinatore”. Lo hanno coinvolto in una riunione a febbraio. E dopo un po’ che la riunione era iniziata si è chiesto se era l’unico trentenne: “Perché anche fisicamente, in occasioni come queste, noi preferiamo ascoltare che parlare”. Invece lui ha parlato: “Era un progetto diverso rispetto a tutto quello che avevo fatto fino ad allora. All’inizio non sapevo bene che finalità avesse. Così ho cercato di far uscire fuori questa cosa: “Mi chiamo Mauro, sono in Poste da quattro anni e vi dico cosa penso delle generazioni che sono in Poste da più tempo…””. Il tema delicato è proprio quello: i tanti giovani che si trovano come “sottoposti” delle persone più grandi di loro. Ed ecco quello che Mauro ha imparato dopo l’acquario: “Non basta che arrivi il messaggio: bisogna declinarlo, ad ognuno in modo diverso”. Mauro si racconta senza fronzoli e senza eufemismi: “Pensa che da ragazzo scelsi statistica per pigrizia, e che in Poste mi ci sono trovato per caso. Un amico mi dice: “Ma prova a mandare un curriculum!”. E dopo quattro mesi sono riuscito ad entrare. Adesso questa azienda è tutta la mia vita. L’impronta che può dare un giovane al cambio di passo epocale di questi anni è enorme”.
Valentina, generazione X
Segnato da queste sue interviste così diverse, avevo tenuto per ultima Valentina: 42 anni, pugliese trapiantata in Liguria, l’esponente perfetta della “generazione di mezzo”. Credevo che mi riservasse meno sorprese. Nella fishbowl Valentina ha dato molto peso al suo vissuto: “Mio padre era un trasfertista dell’Italsider. Per questo, dopo essere nata a Taranto, sono cresciuta a Genova. E poi, dopo altre esperienze fuori, ci sono tornata. Il lavoro a Poste, però, l’ho iniziato in Veneto. Quindi in questa azienda porto la ricchezza di due opposti geografici: quello nord-sud ma anche quello est-ovest”. Anche lei inizia con un percorso intenso: “Ho fatto molta assistenza ai servizi finanziari: conto online, Postepay, supporto agli Uffici Postali. Una bella gavetta”. Ed ecco lo specifico che Valentina porta con sé, quello della generazione X: “Non ne trovi molti come me, della generazione di mezzo, in azienda. O ci sono gli anziani o ci sono quelli della nuova ondata: i millennials”. E lei si sente diversa da entrambi: “Sono di quelli che può cambiare mille campi di lavoro, ma si porta sempre qualcosa dietro. Nel polo tecnologico – racconta Valentina – ho la forma mentis di chi deve assistere un cliente”. Ecco il tema del dialogo con le vecchie generazioni, i sessantenni del polo tecnologico. “Nel giro di cinque anni andranno via tutti perché li aspetta la pensione. Il rischio che avverto è che con loro scompaia un enorme bagaglio di esperienze. Hanno visto tutto, ne sanno una più del diavolo, sono degli highlanders. All’inizio qualcuno di loro aveva persino un sentimento di gelosia nel trasmettere i saperi della generazione più antica. E questa è una caratteristica che noi non abbiamo. Però capisco quel sentimento: nulla è dovuto. Nulla è gratis. Ti senti custode della storia, detesti chi ha fretta”. Ed ecco perché Valentina si sente nel mezzo: “I giovani hanno l’idea che devi bruciare le tappe, in positivo. E c’è anche competizione. Gli anziani si conoscono, sono una squadra, non competono, ma si percepiscono come una aristocrazia che deve tenere alto uno standard, un livello di eccellenza. Non ama la logica del risultato rapido, perché ci hanno messo anni ad arrivare dove sono. La loro frase chiave – ricorda Valentina – è: “Noi ne abbiamo fatta di gavetta””. Ed ecco perché Valentina si sente come una interprete tra due mondi: “Non sono veloce come i primi, non ho i saperi dei secondi. Ma sono una delle poche che può imparare da entrambi”. Questo si può imparare nell’acquario dei pesci di Poste, nell’anno di grazia 2021, quando si parla senza rete. E si vede in trasparenza la storia. Guardando attraverso il vetro delle vite che si raccontano.