È bello compiere 160 anni, una mattinata di sole, dentro il cuore di una nuvola. È bello organizzare una festa di compleanno, sapendo che le 160 candeline che stanno sulla torta le spegneranno il sorriso delle più alte cariche delle istituzioni. E che soddisfazione è invitare tutti alla tua festa, con il discorso dell’augurio di Alberto Angela, mentre le note del coro sono quelle dell’inno nazionale, intonate dalla banda dei Carabinieri. Sei nato nel 1862, e quindi tecnicamente sei un vecchietto, ma bisognerebbe piuttosto dire una vecchietta, perché il tuo nominativo è nato fin dall’anagrafe al femminile singolare, ma si declina con la prima persona plurale: buon compleanno, “Poste”. Però, se si considera l’età biologica bisogna dire che in fondo sei una bimba. Mentre se si parte dall’aspettativa di vita si deve dedurre che, tecnicamente, sei ancora una neonata. Quindi, rimettendo in ordine la carta di identità occorre precisare che sei una bambina, ma senza età. E che all’anagrafe assumi come cognome “Italiane”, perché la tua non è la storia di un singolare, ma di un plurale, non è la storia di un individuo, ma di un popolo. Anzi, anche qui va detto meglio: il tuo è il complicato e avvincente albo di famiglia di una intera nazione. La storia dei tuoi 160 anni è un racconto di donne e di uomini, di telegrafiste e di postini, di inventori e costruttori, di tecnici e di pionieri: è la storia di uno Stato che diventa unitario anche grazie alla tua corrispondenza, alle parole, alle lettere, alle tue affrancature, che hanno battezzato due secoli, che hanno portato un intero Paese sempre avanti, prendendolo per mano: siamo partiti da una monarchia di francobolli a testa coronata, per arrivare a una Repubblica di Presidenti e di eroi laici.
Sfogliando l’album di famiglia
E allora venite insieme a noi, il 5 maggio, a Roma, nel giorno di questo compleanno, venite anche voi a spegnere le candeline in una mattinata di sole all’Eur, venite nella pancia della Nuvola (quella dell’architetto Massimiliano Fuksas) dove, intorno a questa festeggiata senza età, per fare felice una bimba di 160 anni, ci sono anche molti sindaci e le più importanti autorità dello Stato, i dirigenti delle più grandi aziende del Paese e tantissimi dipendenti di Poste. In questa giornata vissuta sul filo dell’emozione, come fatalmente accade in tutte le vere feste, ci si commuove facilmente, si piange e si ride, si pensa la storia e si sogna il futuro, si sfoglia l’album dei ricordi di famiglia per divertirsi a immaginare ciò che è stato, e ciò che ancora non è accaduto.
Le immagini che commuovono
In una platea strapiena di invitati questo clima affascina: la sala della Nuvola è illuminata da uno schermo di 40 metri popolato da animazioni, grafiche, di dati, di numeri, che sono la carta d’identità della festeggiata. Si comincia come alle feste dei bambini, con le canzoni scelte con cura, quelle che si mettono per far scaldare subito il buon umore, ma in questo spazio la leggerezza si incontra con la storia fin da subito: mentre la platea si sta godendo le sonorità jazz di “Mornin’” di Al Jarreau, sul palco prendono posizione le divise di gala e i sontuosi pennacchi policromi della banda. Entra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, solcando la platea stracolma e subito l’atmosfera si accende. Applausi, una prima standing ovation, il Presidente che prende posto in prima fila e sorride: ecco l’inno. Poi c’è un video bello, folgorante, struggente, in cui musica e immagini si fondono quasi come per magia. La colonna sonora è “I love you”, una partitura per piano composta da uno straordinario musicista inglese, Biopy: e mentre le sue note a cascata ipnotizzano la platea, sull’enorme schermo, diviso in tre, scorrono – come tante cartoline con didascalia – le immagini che riassumono questi 160 anni di vita. Ci sono feste, guerre, campionati mondiali vinti, primati e catastrofi, alluvioni e terremoti, Olimpiadi e voli transoceanici. Si parte dal telegrafo di Marconi per arrivare alle reti del futuro, si passa per il telefono di Meucci per arrivare alla generazione di internet.
Parole vere
Dice giustamente Maria Bianca Farina, la Presidente di Poste, nel suo saluto introduttivo: “La forza della nostra azienda, da sempre, consiste nel sapere unite tradizione e innovazione”. Vero, e basta scorrere le immagini di questo album di famiglia per rendersene conto. E poco dopo la Presidente aggiunge: “Fin da subito sono entrate nelle Poste le donne. Fin da subito siamo stati modernizzatori”. È vero, e la platea applaude. Poi c’è il saluto del ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti: “Vorrei che il mio intervento non rispondesse a mere esigenze cerimoniali: mi piacerebbe che, dal saluto che vi sto portando, potesse emergere con evidenza il valore che attribuisco alle autorità e alle funzioni che le Poste hanno svolto in 160 anni di vita”. Ed è sicuramente vero anche quello che dice Giorgetti, quando elogia l’attività quasi didattica di Poste, “soprattutto con i cittadini di età più avanzata che hanno meno consuetudine con gli strumenti digitali”.
Simboli della storia di Poste
È il momento del saluto di Alberto Angela, che, per dare corpo al suo monologo, porta sul palco quattro oggetti simbolo: un ufficio da campo portatile, costruito per poter operare dal fronte della guerra, una cassetta delle poste e una bicicletta, la bandiera del postino per antonomasia, e poi uno sgargiante pacco giallo canarino, attraversato da una fascia tricolore: l’ultima divisa di Poste, l’ultima frontiera della corrispondenza commerciale, nel tempo dell’e-commerce. E, ovviamente, anche l’ennesimo primato aziendale. Angela inizia raccontando l’importanza delle Poste nella sua infanzia, quando il padre Piero gli spediva lettere e cartoline dai Paesi in cui si trovava a lavorare da giornalista inviato. E prosegue decantando il valore architettonico del patrimonio immobiliare delle Poste: “Alcuni uffici postali sono come dei piccoli musei, come quello di piazza San Silvestro a Roma, come quello di La Spezia, o come quello di Palermo: noi abbiamo la fortuna, in Italia di vivere in un paese dove la bellezza è ovunque, dove la bellezza risplende sempre”. Prosegue: “Questi edifici sono come scrigni pieni di emozioni, di storia, di vite». Applauso. Angela racconta la buca delle lettere «come un oggetto carico di umanità e di emozioni, in cui una piccola fessura produce due gioie: quella di comunicare una notizia, ma anche il piacere dell’attesa”. E non era forse “un web dell’antichità, l’infrastruttura stradale costruita dagli antichi romani?”. Il conduttore passa alla figura del postino, partendo da una memoria di infanzia, l’enorme cartella di cuoio della sua antica dotazione: “Il postino è una figura che ha affascinato il cinema e la letteratura, ma è la realtà che ci ha regalato le storie più belle”. Scorrono sullo schermo gli scatti di un grande fotografo, Mario Dondero. O di un postino-fotografo, Lorenzo Foglio: “Le sue foto – racconta il giornalista – sono le immagini felici di una cittadina delle Langhe, che catturano i momenti di vita di un piccolo centro, la normalità del quotidiano. E tra queste cartoline, c’è anche l’immagine di una postina, Domenica Angela, che negli anni Cinquanta in bicicletta consegnava la posta in provincia di Bergamo”. Questa postina era la madre di Felice Gimondi, futuro vincitore del Giro d’Italia e del Tour de France. Mentre una delle prime telegrafiste della storia farà una grande carriera “fino a diventare la prima direttrice donna di un quotidiano italiano (Il Mattino, ndr): il suo nome è Matilde Serao”. Chiusura: “Occuparsi della felicità di qualcuno è sempre una cosa molto bella. Ma se quel qualcuno ha perso tutto, mai come oggi – conclude Angela – i nostri gesti dovrebbero gravitare intorno a un concetto: tutto alla fine obbedisce all’amore. Anche se le bombe, come in questi giorni, provano a dimostrarci il contrario”.
Una madrina speciale
Arrivano altri testimoni, e suscitano grande simpatia i quattro sindaci dei Comuni più a nord e a sud d’Italia, del più grande e del più piccolo (tra i piccoli), intervistati sul palco. Anche per questo la grande “madrina” della giornata, Maria Grazia Cucinotta, riceve una doppia ovazione. Maria Grazia, due volte festeggiata, e due volte figlia di questa storia: in primo luogo perché interprete del più bel “Postino” della storia del cinema, il film di Michael Radford, interpretato da Massimo Troisi. E poi per un dettaglio meno noto, perché suo padre (e i suoi fratelli) svolgevano quella professione. “Mio padre ha conosciuto mia madre portandole una lettera, il mio legame speciale con questa azienda dura da 53 anni, la mia età. Mio fratello e mia sorella sono diventati postini anche loro. E io stessa avevo già vinto un concorso alle Poste, ma rinunciai perché nel frattempo avevo iniziato, con Renzo Arbore, Indietro tutta”.
Una normalità da premiare
A tirare le fila di tutti questi intrecci di memoria sono le parole di Giuseppe Lasco, Condirettore Generale dell’azienda: “Noi, oggi, virtualmente vogliamo premiare, tutti i colleghi che nel periodo più buio della pandemia – oltre centomila – hanno dimostrato senso dell’orgoglio e del dovere, che sono rimasti sul loro posto di lavoro garantendo il servizio in tutta Italia”. Così, quando in rappresentanza di tutti i dipendenti Lasco e Cucinotta premiano con una medaglia d’oro Francesco, Tommaso, Eliana e Donata (una rappresentanza di dipendenti che hanno lavorato nei territori più colpiti dal Covid nel 2020) si celebra un meraviglioso siparietto, involontario e splendidamente anti-retorico. La conduttrice e responsabile Media Relation di Poste Federica de Sanctis chiede a Donata, per sottolineare la sua soddisfazione: “Come te ne torni, a casa, oggi?”. E lei, strappando una risata e un applauso: “In treno”. Minimale, asciutta. Fantastica: “Ero in giro durante la pandemia, come tutti i colleghi. Ma a me è sembrata una cosa normale. Io nella vita volevo fare la postina – conclude Donata – ho semplicemente continuato a farlo”. Parla Matteo Del Fante, l’Amministratore Delegato: “Questa è una azienda che riesce a stare sul mercato, che produce risultati sul conto economico, che paga gli stipendi, e che però, al tempo stesso, ha anche una funzione sociale per il sistema Paese”. Del Fante prosegue: “Questa è una azienda piattaforma, che va incontro alle esigenze dei nostri clienti con tutti gli strumenti digitali e della comunicazione moderna. Ma siamo anche una realtà del territorio che con 13 mila uffici postali e con i punti Poste, permette ad ogni italiano di raggiungere una sede fisica in meno di cinque minuti”. Il finale è un impegno: “Poste non vuole lasciare indietro nessuno – assicura l’Ad – non vuole lasciare indietro né i dipendenti né i cittadini, e con la nostra storia resteremo nel futuro del Paese”.
Nessuno rimanga indietro
La cerimonia ufficiale è finita. Ma è a questo punto che Mattarella sale sul palco, e senza neanche un appunto scritto, interviene a braccio. La sala si alza in piedi, e gli tributa una nuova ovazione: “Voglio esprimere un ringraziamento ai dipendenti di Poste – dice il Presidente – che ogni giorno sono al servizio del Paese. E voglio esprimere nei loro confronti la riconoscenza della Repubblica”. E subito dopo osserva: “Questi 160 anni sono una storia lunga che è anche la storia d’Italia, la storia del suo costume e della sua cultura”. Dice Mattarella: “Abbiamo visto su questo palco gli strumenti più avanzati del digitale. I numeri, che conosciamo bene, la capillarità e la forza della spinta verso il digitale. Questo è un grande contributo, per avvicinare gli utenti e i cittadini agli strumenti della modernità”. Poi il Presidente conclude: “Questa vicinanza ai territori è un grande contributo perché nessuno rimanga indietro, ed è una precondizione perché il Paese possa svilupparsi ulteriormente. Grazie!”. Venite dunque a questa festa di compleanno, che si celebra nella pancia di una nuvola, in un giorno di sole. E dove la festeggiata è una bambina di 160 anni, che ha appena spedito la sua lettera, che è come un messaggio in bottiglia, destinato al futuro. Mentre nella platea si celebra il rito di baci e abbracci, il viatico di ogni festa, mi viene in mente una frase di Pablo Picasso che è perfetta per un regalo di compleanno alla bimba festeggiata: “Da bambino volevo dipingere come Raffaello. Ora vorrei dipingere come un bambino”.
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