Lettere nella storia: il vescovo Jacques Gaillot e gli amici di Partenia

Lettera agli amici di Partenia. È una lettera vera del 1995, scritta da una bella figura di vescovo rimosso dalla sua diocesi di Evreux in Francia e destinato alla diocesi titolare, cioè senza territorio, di Partenia, in Algeria. Un luogo vivo di Chiesa ai tempi dell’impero romano, ridotto da secoli a fantasma del passato. Autore della Lettera il vescovo Jacques Gaillot, rimosso allora dal Vaticano per le sue opinioni divergenti su materie allora molto discusse: poveri, pace, migranti, divorziati risposati, Aids, omosessualità.

Un popolo di emarginati

Non era ancora venuto un papa di nome Francesco che – quando arrivò – lo accolse nel settembre 2015 nella sua casa a Santa Marta dicendogli: “Noi siamo fratelli”. La Lettera agli amici di Partenia racconta i sogni, i progetti, l’azione pastorale del suo autore rimasto senza diocesi di persone, che sostiene la tesi di un comportamento sempre coerente con il Vangelo, legge suprema del cristiano prima dell’obbedienza alle leggi ecclesiastiche. “Gli ho detto – ricorda così l’anziano vescovo il suo incontro con Francesco – che non ero lì per chiedergli qualcosa, ma che un intero popolo di emarginati è contento che lui mi abbia ricevuto, perché si è sentito riconosciuto. Gli ho detto che mi è capitato di benedire coppie di divorziati risposati e coppie omosessuali. E ho aggiunto: benediciamo perfino le case, possiamo dunque benedire le persone! Questa frase lo ha fatto sorridere e mi ha risposto che la benedizione di Dio è per tutti”.

Agli amici di Partenia

La sua rimozione dalla guida della diocesi di Evreux provocò moltissime reazioni a livello internazionale ma non costituì per il vescovo una battuta d’arresto. Lo documenta proprio la sua famosa Lettera dove, fin dalle prime pagine – si tratta di un vero piccolo libro – il vescovo scrive: “Cari amici di Partenia, cristiani e musulmani, ebrei e non credenti, io vengo per tentare di vivere la fraternità”. Poi evoca alcuni sogni per sottolineare la sua forte convinzione: “Nella religione, nessuna costrizione”. Il primo sogno è “quello di poter accompagnare i poveri, gli esclusi, i piccoli senza dover dare spiegazioni, senza giustificarmi davanti ai ricchi, ai benestanti, ai facoltosi. Quello di potermi recare dove la miseria mi chiama senza dover preavvisare. Quello di potermi indignare contro la miseria, l’ingiustizia, la violenza, il commercio delle armi e le carestie regolamentate, senza essere accusato di fare politica di parte”. L’altro sogno raccontato nella lettera è “quello di poter vivere la mia fede in seno alla Chiesa ma anche nella società, nel mio tempo e con il mio tempo. Quello di avere la libertà di pensare, di esprimermi, di dibattere, di criticare senza la paura della mannaia. Quello di essere diverso nell’unità e di restare me stesso, solitario e solidale. Quello, infine, di poter annunciare il Vangelo di libertà senza essere marginalizzato”. Il terzo sogno di Gaillot evidenziato consiste nel fatto che la punizione di Roma lo pone in una condizione ideale di libertà.

Da sogno a realtà

Il primo sogno “diventa realtà”. “Roma – riflette il vescovo restato senza diocesi – mi offre più di quanto io osassi sperare, molto di più di una diocesi, molto più di un vescovado. Mi offre Partenia. La offre a me che avrei dovuto semplicemente trotterellare tra la via Saint-Louis e la cattedrale… Mi offre il permesso, il respiro, la liberazione. Dov’è Partenia? Che cosa è? Quando? Domande senza senso. È un fantasma che attraversa i muri, le terre, gli oceani. Che trapassa il protocollo, l’intolleranza e i pregiudizi. Vasta come il mondo, Partenia non comincia e non finisce in nessun luogo. Anche se non l’ho cercata, è una destinazione che mi si addice, è là dove io vado”. A Francesco, Gaillot ha spiegato che “sono vent’anni che sono stato allontanato, escluso… Ma, escludendomi, la Chiesa mi ha dato un buon passaporto per andare verso gli esclusi!”. Papa Francesco “ha riso e ci ha ricordato quell’immagine dell’Apocalisse che aveva usato al conclave prima di essere eletto: “Cristo bussa alla porta della Chiesa, ma bussa dall’interno! Vuole che si spalanchino le porte! Per lasciarlo uscire! Per andare a incontrare il mondo e l’umanità”. Gli ho risposto che, in effetti, non bisognava rinchiudere Colui che è venuto a liberarci”. La Lettera quando divenne pubblica fece scalpore, ma l’impensabile di allora, con Francesco è diventato la norma. Ora chi sta con i poveri viene incoraggiato e sostenuto; preti e vescovi pedofili sono puniti.