“Chichita, cara, sei la più cara (querida) ragazza che io abbia mai incontrato. Chichita, amore mio, finalmente una donna con cui sono felice… La mia vita amorosa è come la vita dell’industria editoriale, occuparmi di donne, donne, donne, un mare di donne che cambiano sempre, che ho bisogno di cambiare sempre, e nessuna sento come la mia donna. Capisci la vita sbagliata che faccio io!… Ti mando i miei libri… Peccato che non capisci né la mia scrittura né la mia lingua. Ti ho scritto tante belle cose”. Comincia con queste righe la prima della quarantina di lettere di Italo Calvino (1923-1985) alla fidanzata Esther Judith Singer detta Chichita (1925-2018). L’ultima tra i due fidanzati è del novembre 1963. Segue nel febbraio successivo il matrimonio a Cuba.

Il pensiero di Calvino

Il loro primo appuntamento c’era stato a Parigi nell’aprile del 1962. Il carteggio tra loro inizia da subito. La prima lettera di Calvino a Chichita è del 9 aprile. Questo epistolario d’amore è rimasto confinato in una cartella dello scrittore, sconosciuto fino a quando, di recente, la figlia Giovanna, avendolo trovato, l’ha dato alle stampe in un volumetto curato per Mondadori con il titolo “Lettere a Chichita”. Opportuno nell’anno del centenario della nascita del padre Italo, considerato autore tra i più grandi della letteratura del Novecento e non solo italiano. Queste lettere lo confermano: danno conto di un pensiero globale di Calvino, capace di armonizzare sentimenti e vita personale con un’attenzione critica agli eventi del proprio tempo. Nel riflettere e interpretare il senso di quegli eventi sta la peculiarità del carteggio tra due innamorati, mai distratti e confinati soltanto nel loro reciproco sentimento, senza valutare eventi politici, economici, religiosi, culturali, educativi che, a distanza di 60 anni, noi – grazie agli elementi di cui ora disponiamo – a ragione possiamo definire storici.

La crisi di Cuba

“Cara Chichita – scrive Italo da Sanremo il 3 novembre ’62 – è tanto che non ti scrivo. Credo da quando è scoppiata la crisi di Cuba e sono entrato in un ritmo di vita frantumato e nervoso. Crisi di Cuba che mi ha lasciato abbastanza amareggiato, perché ha confermato le tendenze peggiori della politica mondiale e i pericoli, e perché tutte le iniziative di intellettuali, appelli, proteste, a cui ho dato la mia firma più per ‘solidarietà di gruppo’ che per convinzione, si sono rivelate più che mai  nella loro superficiale vanità, presi come siamo in un gioco di grossi giocatori che però giocano malissimo, confusamente e quasi a caso, la logica della Storia è tanto mal servita da quelli che dovrebbero incarnarla e da quelli che dovrebbero interpretarla”. Oggi pare a noi di trovarci entro un vortice analogo di smarrimento della ragione”. Nella stessa missiva si legge anche: “Un’altra cosa molto brutta è stata la morte di Mattei, che certo avrà conseguenze molto negative in Italia. Accidenti, sto scrivendo una lettera addirittura catastrofica”.

Il caso Emilia

Il 7 giugno in una lunga lettera si racconta, tra l’altro, la visita di Calvino a Modena con singolari riflessioni utili tuttora, a capire la parabola della sinistra italiana: “Modena, centro della communist-affluent-society dell’Emilia. L’Emilia oggi dà l’impressione che Stati Uniti e Unione Sovietica siano già diventati una cosa sola, le cooperative agricole comuniste inaugurano supermarkets ultramoderni come la pubblicità copiata dai giornali americani, le fabbriche e le iniziative di questo popolo laborioso, euforico, allegro si moltiplicano, si moltiplica il consumo e la gioia di vivere e i voti comunisti aumentano sempre… l’Emilia è la regione d’Italia che amo di più e la via emiliana al socialismo è la sola che trionferà ed è anche la mia”.

Il papa del neocapitalismo

Poi un flash su una figura inattesa: “Sono molto preoccupato per il papa futuro perché chiunque sia, ci farà rimpiangere il nostro Giovanni”. Papa Roncalli era morto il 3 giugno lasciando una sensazione di lutto universale. Il 21 giugno successivo veniva eletto Paolo VI e Italo scriveva alla fidanzata: “Chichita angelo agnolotto amor mio – Montini è un papa che fa un po’ paura. Mostra di accettare la linea di Giovanni, ma pare lo faccia solo per fermarla. Il fatto che si sia messo nome Paolo VI è un bruttissimo segno. L’ultimo Paolo è stato il primo papa dopo la Controriforma. Giovanni aveva già dichiarato le sue intenzioni dandosi quel nome, che dopo la Controriforma non era stato portato da nessuno, per significare che si richiamava alla Chiesa prima del Cinquecento. Se Giovanni era il papa del popolo, Montini è il papa del neocapitalismo, dei grandi trusts milanesi, e la sua modernità è di quel tipo. L’unica cosa buona che ha fatto tempo fa è un gesto di ostilità verso Franco. Speriamo che continui su quella linea”. Oggi si può dire che Montini si chiamò Paolo per ispirarsi all’apostolo e fu un grande papa.

La stesura di Marcovaldo

Il 2 luglio del ’63 mentre scriveva Marcovaldo, un libro per bambini, Calvino confida alla futura sposa: “Non son ben sicuro che sia davvero un libro per ragazzi: sono storielle tristissime, vanno sempre a finire male; mai io penso sia giusto insegnare all’infanzia che esiste anche la sconfitta, lo scacco, la malinconia, e io lo insegno non in modo patetico, sentimentale e lacrimoso, ma in modo quasi allegro”.