Roma, 4 set – Si attesta a 46 milioni di ettolitri la produzione nazionale di vino con un calo del 16% rispetto all’annata record del 2018, quando erano stati sfiorati i 55 milioni di ettolitri. Il dato stimato, come di consueto, risulta da una media tra un’ipotesi minima di 45 milioni di ettolitri e una massima di oltre 47 milioni, comunque inferiore alla media degli ultimi 5 anni. Da sottolineare che la vendemmia di quest’anno sembrerebbe risultare inferiore alla precedente in tutte le regioni italiane ad eccezione della Toscana. Le perdite maggiori si contano sulle uve precoci, mentre per quelle più tardive l’evoluzione produttiva sarà legata all’andamento meteo di settembre.
Nonostante una vendemmia meno generosa, peraltro né inattesa né tanto meno vissuta come problematica dagli operatori, stando alle previsioni sembra salva anche per il 2019 la leadership mondiale del nostro Paese, dal momento che la Francia è attesa a un dato di 43,4 milioni di ettolitri e la Spagna non dovrebbe andare oltre i 40 milioni.
Il calo produttivo è da imputare essenzialmente alle condizioni climatiche di gran lunga meno favorevoli rispetto a quelle che avevano portato all’abbondante vendemmia 2018. Le anomalie sono iniziate già in inverno, che ha registrato temperature leggermente superiori rispetto alla norma e precipitazioni inferiori alla media. Andamento meteo che si è protratto anche per i mesi di marzo e aprile, mentre maggio ha registrato una decisa inversione di tendenza: l’abbassamento delle temperature e le abbondanti precipitazioni hanno causato un ritardo della fioritura e un rallentamento del ciclo vegetativo della vite. I mesi di giugno e di luglio hanno invece fatto registrare scarse precipitazioni, che hanno obbligato ad interventi di irrigazione di soccorso, in particolare su impianti giovani.
Alla fine di agosto – momento della rilevazione da parte di Assoenologi e Ismea/UIV – lo stato sanitario delle uve si presenta generalmente buono: il ritorno delle piogge in alcuni areali ha favorito un buon accrescimento dei grappoli e, fortunatamente, sono stati rari i problemi da attacchi di peronospora e oidio, circoscritti e ben contenuti da opportuni trattamenti, risultati tuttavia superiori rispetto allo scorso anno. Questo mix di fattori, accompagnato da buone escursioni termiche tra il giorno e la notte che hanno favorito una lenta ma graduale maturazione delle uve e un ottimale sviluppo degli aromi, ha permesso di ottenere una qualità generalmente buona su tutto il territorio nazionale. I primi riscontri analitici, peraltro, evidenziano gradazioni medie nella norma, un buon rapporto zuccheri/acidità e per le prime uve vendemmiate un buon quadro aromatico. Si evidenzia anche una sintesi ottimale delle sostanze coloranti nelle uve a bacca rossa.
Tutte le vicissitudini climatiche e meteorologiche hanno portato un ritardo della maturazione di circa 10/15 giorni rispetto alla passata campagna, così da far rientrare in un calendario normale l’epoca di vendemmia, dopo gli anticipi registrati negli ultimi anni. Ne è dimostrazione il fatto che per i primi giorni di settembre si stima l’arrivo in cantina di poco più del 15% delle uve, mentre solo due anni fa si parlava già di oltre il 40%.
Anche quest’anno, ad aprire la vendemmia è stata la Sicilia nella prima settimana di agosto, seguita, a cavallo di Ferragosto, dalla Puglia e poi dalla Lombardia (Franciacorta) nella seconda decade di agosto. Tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, nella maggior parte delle regioni si sono svolte le operazioni di raccolta per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon).
Per quanto riguarda il mercato, l’abbondante produzione del 2018 ha avuto riflessi negativi sulle quotazioni dei vini che nel complesso hanno segnato un -13%. A determinare la riduzione dei listini sono stati soprattutto i vini comuni, da sempre i più esposti alle dinamiche dell’offerta internazionale e alla concorrenza degli altri Paesi produttori, Spagna in primo luogo.
Il mercato dei vini comuni nella campagna 2018/2019, infatti, è stato caratterizzato da ribassi piuttosto consistenti tanto che, soprattutto nei bianchi si è tornati a sfiorare i prezzi di dieci anni prima. Nel complesso l’ultima campagna si è chiusa con un -27% per i vini comuni, maturato da un -34% nel segmento dei bianchi e da un -21% nei rossi. Per i vini a denominazione (Doc-Docg) la riduzione si è limitata al -6%, a dimostrazione che i vini di qualità hanno mercati in qualche modo più consolidati e meno esposti alla concorrenza dei prodotti dei Paesi competitor.