Milano, 16 set – Associazioni del commercio unite contro ogni ipotesi di “tassare il contante”, ma comunque favorevoli a un maggiore ricorso alla cosiddetta moneta di plastica. Secondo la Confcommercio, l’ipotesi di tassare il contante “non è la strada da seguire”. Una tassa “fondata sul nesso presuntivo tra contante ed evasione colpirebbe, infatti, i tantissimi che certo evasori non sono e che semplicemente fanno ricorso a moneta legale sotto forma di carta moneta o moneta metallica. Occorre, invece, perseguire l’obiettivo di una maggiore diffusione dei mezzi di pagamento elettronici per ragioni di tracciabilità, di sicurezza, di riduzione dei costi”. Questa la posizione di Confcommercio sul dibattito in corso sulla tassazione del contante.
Secondo Confcommercio, un obiettivo da raggiungere, ad esempio è il riconoscimento del credito d’imposta al consumatore sugli acquisti di beni e servizi realizzati mediante carte o rendendo universale il principio del pagamento attraverso mezzi tracciabili per l’accesso a deduzioni e detrazioni fiscali già previste. Un ulteriore incentivo potrebbe essere la diffusione di carte Bancomat o prepagate senza costi di emissione per i cittadini di età superiore ai 65 anni, pari a circa un quarto della popolazione italiana”.
“La priorità – conclude Confcommercio – rimane, comunque, quella di ridurre le commissioni previste per l’utilizzo della moneta elettronica sia per gli acquirenti che per i commercianti. Per questi ultimi, la riduzione può essere realizzata anche per via fiscale attraverso lo strumento del credito d’imposta. In ogni caso, i micropagamenti, quelli ad esempio al di sotto di 30 euro, dovrebbero essere esenti da commissioni a carico delle imprese del commercio”.
Sull’eventualità del credito d’imposta concorda anche la Confesercenti. Un credito d’imposta del 2% sugli acquisti per chi usa carte di credito e bancomat, per rilanciare i consumi e portare in tre anni dal 17% al 50% del totale la quota di pagamenti in moneta elettronica potrebbe servire a favorire la modernizzazione e la tracciabilità dei sistemi di pagamento in Italia senza costi per consumatori e imprese e partendo da un’analisi obiettiva della situazione.
Parere analogo da Confintesa: “Siamo d’accordo sulla diffusione dell’utilizzo della moneta elettronica, ma riteniamo assolutamente penalizzante per le famiglie italiane tassare i prelievi di contanti”, dichiara Francesco Prudenzano, Segretario Generale di Confintesa. “Si abbia il coraggio invece – continua – di modificare radicalmente il sistema fiscale italiano permettendo alle famiglie di scaricare tutte le spese, giustificate da fatture, che sostengono per il quotidiano sul modello fiscale americano. Allora sì che la fattura, per ogni intervento, sarebbe interesse di ogni cittadino richiederla al fornitore. Il denaro contante è tracciato fino al suo arrivo su un conto corrente e il suo utilizzo in contanti non può che essere libero e non tassabile, come vorrebbe invece Confindustria e come piacerebbe a qualche esponente di questo Governo. In quasi tutti gli Stati Europei non vi è limitazione alcuna al prelievo automatico di contanti e quindi chiediamo solo di adeguarci all’Europa”.
I pagamenti elettronici in Italia raggiungono quasi i 200 miliardi di euro; la quota degli acquisti in contante è di 7 punti percentuali sopra la media europea: un gap degno di nota, ma non drammatico. Anche perché il mercato continua a spingere le transazioni cashless: anche in assenza di obblighi e sanzioni, tra il 2017 ed il 2018 i pagamenti con carta di debito sono aumentati del 15%, quelli con carte di credito del 22%. Tra il 2012 e il 2018 il numero di Pos è cresciuto del 112%, arrivando a oltre 3,1 milioni.