Roma, 20 set – App al servizio della salute e nemiche della demenza. Lo testimonia una volta di più un innovativo progetto svoltosi al CDI Villa Sormani di Cesano Boscone (MI), Centro diurno multiservizi di Fondazione Sacra Famiglia in collaborazione con gli studenti del terzo e quarto anno dell’Istituto di Istruzione Superiore Falcone-Righi di Corsico (MI): in sei mesi di lavoro oltre il 30% degli anziani con Alzheimer coinvolti ha migliorato i punteggi dei test cognitivi grazie all’utilizzo di speciali App.
“In questi mesi i partecipanti hanno visto un rallentamento importante nel decadimento delle funzioni cognitive e, in più di un caso su tre, un miglioramento dei punteggi nei test di valutazione cognitiva”, commenta Greta Principe, terapista occupazionale di Sacra Famiglia. “Seppur parziale e limitato scientificamente si tratta di un risultato molto importante che apre la strada a nuove sperimentazioni”, aggiunge.
Fondazione Sacra Famiglia, in collaborazione con l’Istituto di Istruzione Superiore Falcone-Righi, ha avviato il progetto di riabilitazione per anziani affetti da demenza nel centro di Villa Sormani grazie all’utilizzo di alcune app innovative create dagli stessi studenti del terzo e quarto anno. I ragazzi hanno selezionato 26 App (di cui 16 progettate da loro) che propongono l’utilizzo di programmi semplici per la memoria come ad esempio il Memory, per fare abbinamenti e associazioni come quello di accoppiare una città al suo monumento più famoso o training per sviluppare l’attenzione come trovare oggetti uguali, sequenze temporali o orientamento nello spazio.
A gennaio il primo gruppo di 36 anziani, selezionati dall’équipe in base ai risultati di un test di valutazione cognitiva (il Mini-Mental State Examination-MMSe), ha lavorato con le App insieme ai giovani; dopo un intenso lavoro durato due settimane sono stati di nuovo sottoposti al test Mini-Mental ottenendo, a sorpresa, risultati positivi: 12 su 36 hanno fatto registrare risultati migliori in media di 4/5 punti (mentre 13 sono rimasti stabili e altri 11 non hanno interrotto la china discendente).
Al termine di questa fase si sono valutate le difficoltà emerse: 30 utenti su 36 hanno incontrato difficoltà nell’utilizzo del tablet, 23 nella percezione tattile e 16 hanno lamentato l’assenza di contrasto tra sfondo e figura, oltre alla presenza di immagini di dimensioni ridotte. Si è valutato necessario apportare dunque alcune modifiche grafiche e di funzionamento. Il lavoro è poi ripreso nella seconda fase con le nuove App, coinvolgendo questa volta 20 anziani su 36, selezionati in base all’interesse espresso dai pazienti stessi nonché dai miglioramenti osservati e dagli obiettivi previsti dal piano di assistenza individuale. I 16 anziani non inclusi nell’iniziativa hanno così costituito un “gruppo di controllo”.
I 20 utenti, con cicli di due settimane per altri tre mesi, hanno quindi continuato ad utilizzare le App cognitive modificate, facendo registrare risultati ancora migliori. Il 40% dei pazienti trattati ha visto migliorato il proprio livello cognitivo; il 45% ha mantenuto stabili le proprie competenze cognitive e solo il 15% ha dimostrato un aggravamento. Molto diversa la situazione del “gruppo di controllo”, ovvero i 16 pazienti che non hanno più partecipato al progetto: il 57% si è purtroppo aggravato, il 29% ha mantenuto le proprie competenze cognitive e solo il 14% ha migliorato le proprie funzioni.
“Nessuna tecnologia purtroppo potrà mai fermare il decadimento cognitivo delle persone con Alzheimer”, chiarisce la psicologa del servizio, dottoressa Erika Riva, “tuttavia – prosegue – il progetto realizzato a Villa Sormani dimostra che il mantenimento di una stimolazione cognitiva mirata contribuisce a rallentare il processo degenerativo e mantiene allenata la mente, prolungando nel tempo le risorse residue. È importante quindi intervenire finché si può, utilizzando tutti i mezzi efficaci di cui si dispone”.
“Siamo felici dei risultati ottenuti dal nostro piccolo studio”, aggiunge Anna Miele, responsabile di Villa Sormani. “Nonostante i limiti scientifici – conclude – questo primo risultato è rassicurante e testimonia come la tecnologia possa dare una mano anche in questi casi, anche se la strada da fare è ancora tanta”.