Street art sulle cassette postali. Per quattro secoli sono state semplicemente il mezzo, uno dei mezzi, con cui i messaggi scritti raggiungevano le persone cui erano destinati. Che fossero le antiche buche postali, in marmo, le feritoie incise sulle pareti di un ufficio postale, le piastre metalliche di impostazione o le vere e proprie cassette, piccole o grandi, gialle, verdi o più comunemente rosse, ad una o due feritoie, servivano a contenere e proteggere la corrispondenza nella prima tappa di un percorso che l’avrebbe condotta nelle mani destinatario.
Due fasi diverse
Da alcuni anni però la cassetta di impostazione da contenitore di messaggi si è trasformata in messaggio. Prima testuale, poi visivo. Due modi e fasi diverse. Testuale, quando sulle cassette di impostazione era tutto un fiorire di annunci, di adesivi pubblicitari o biglietti o fermati con colla o nastro adesivo, con cui proporre ad un pubblico indistinto ripetizioni private nelle diverse materie scolastiche, lezioni di chitarra o pianoforte, o servizi di intrattenimento di natura diversa e decisamente molto personali. Poi visivo. Con il fiorire di quella che sarebbe stata definita e sarebbe assurta al rango di street art. Disegni, graffiti, spennellate di pittura, spruzzate di vernici colorate con bombolette spray. Da semplice contenitore di messaggi le cassette d’impostazione si sono trasformate in un messaggio.
Come autobus e treni
Come accaduto una ventina di anni fa per le fiancate di autobus e tram, muretti e parapetti, pareti di altrimenti anonimi edifici, le prime reazioni sono state negative. Era o sembrava una manifestazione di degrado, un attacco al decoro urbano, una manifestazione di inciviltà da parte di chi ne oltraggiava la funzione primaria, trasformandole in un groviglio di segni colorati, talora senza capo né coda, senza un significato e uno scopo chiaro e immediatamente percepibile. O tempora, o mores. Poi ne arriva la presa d’atto e la sua istituzionalizzazione. Le fiancate di autobus e tram divengono spazi commerciali che sono decorati, colorati per pubblicizzare prodotti e servizi.
Spazio all’arte
Ora il decor delle cassette in cui si imbucano lettere e cartoline è affidato da Poste Italiane, nell’ambito del progetto P.A.I.N.T. – Poste e Artisti Insieme nel Territorio, a giovani street artist, Amina Ferraccini, Picnu, Gojo, Pao e About Ponny, perché vi applichino il loro talento e la loro capacità di immaginare e far sognare e anche divertire. Le prime 25 colorano inizialmente la città di Roma e si affiancano a quelle più moderne, definite “smart”, con schermo. Un nuovo canale di comunicazione che rileva e segnala i dati registrati da sensori che vi sono applicati: la temperatura, la quantità di polvere sottili…. Mezzo e messaggio, informativo e artistico.
La fotografia
“Nei grandi centri urbani parole, scritte e disegni, un tempo confinati nello spazio interno delle cassette, prendono possesso delle superfici esterne, ricoprono le rosse lamiere delle cassette e le trasformano in vere e proprie opere di street-art, nuove bacheche urbane, preservandone la funzione”. Il virgolettato è di Riccardo Calzoni Demichelis un giovane fotografo di talento che alle cassette di impostazione della sua città (Milano) e dintorni sta dedicando servizi fotografici per documentare questa loro nuova dimensione. Le cassette, come espressione di street art, sono un oggetto mutevole; disegni e colori e segni cambiano rapidamente. Il fotografo milanese, con i suoi scatti, si ripromette di seguirne i cambiamenti, di tornare a distanza di settimane sui luoghi degli scatti e inquadrare la cassetta già fotografata, accostando la vecchia foto alla nuova. “Se con l’affermarsi della comunicazione digitale – osserva – la cassetta postale ha parzialmente perso quella che per secoli è stata la sua funzione principale, non ha però esaurito tutte le possibilità di comunicazione che può offrire, quali ad esempio quella “artistica” ed è questo che ora contribuisce a mantenerla “viva”. Talora, anche quando la cassetta non c’è più, come ci mostra una sua fotografia.