Borsa a tracolla, casco e motorino. E una pagina di giornale, il Momento Sera fondato da Tomaso Smith, che il 3 maggio del 1977 titolava: “Belle, diplomate e portalettere”. Maria Michele Curci, pensionata dopo 42 anni di lavoro in Poste Italiane, è una delle ragazze fotografate in quella pagina da Marcello Geppetti, storico paparazzo della Dolce Vita, qui “prestato” alla cronaca. Maria lo ricorda bene quel giorno, come ricorda bene come ha iniziato a lavorare in Azienda: era una delle prime fattorine donna, in un momento della storia d’Italia fatto di conquiste sindacali, di emancipazione femminile ma anche di una grande resistenza da parte del mondo del lavoro, “dominato” da figure maschili. L’impiego di Maria, insieme alle altre fattorine che giravano incessantemente per le strade delle città a recapitare telegrammi e raccomandate espresso, è stato un passo importante, che ha dimostrato come Poste Italiane abbia sempre tenuto in grande considerazione la parità di genere.
Un’emozione da “capitale”
“Avevo 22 anni – racconta Maria – Eravamo le prime donne fattorine, recapitavamo solo telegrammi, espressi e raccomandate. Non avevamo ancora una divisa, avevamo indosso i nostri vestiti”. Maria arrivava a Roma da un piccolo paesino, Stornarella, in provincia di Foggia: “Tutto era così grande, non riuscivo a crederci. Certo, i primi giorni non furono facili, ma poi mi sono data da fare. Mi sono fatta coraggio e facevo coraggio anche alle mie colleghe”. Trasferirsi dalla provincia alla grande città, allontanandosi dalla propria famiglia per lavoro. Non è uno choc di genere, vale per tutti. Ma per le donne fattorine c’era la difficoltà aggiunta di doversi inserire in un contesto esclusivamente maschile: “Alcune ragazze piangevano quando arrivavano al turno, affrontavamo un cambiamento e una sfida enorme. Non mi sono mai persa d’animo: i colleghi maschi mi disegnavano la mappa delle strade, la zona cambiava di giorno in giorno ma era sempre centrale. Ancora ricordo con emozione quando giravo in motorino da San Silvestro a Spagna, da Barberini a Corso Vittorio fino ai vicoli che circondano piazza Navona”.
Il distacco e la nuova vita
L’avventura di Maria a Poste inizia con un concorso: “Feci una semplice domanda, era un concorso per titoli e io ero diplomata. Sono stata chiamata tra i primi cinquanta posti, tutti a Roma. C’erano con me molti pugliesi, ognuno aveva la sua destinazione: io capitai in via del Moretto, vicino piazza San Silvestro”. Lasciato il paesino del Foggiano, Maria comincia ad ambientarsi nella sua nuova vita: “Non mi sarei mai aspettata di andare in giro per Roma da sola col motorino. Ma ci sono riuscita. Incoraggiavo le altre colleghe, come ho detto, le vedevo in lacrime. Ma ho superato tutto in fretta con la mia tempra. Avevo insistito tanto con la mia famiglia per andare a lavorare fuori, i miei genitori erano restii. Ma volevo la mia indipendenza, volevo darmi da fare perché capivo i loro sacrifici. I primi tempi sono duri per tutti, anche i giovani devono ricordarselo. Bisogna avere voglia di staccarsi dalla famiglia” dice Maria scandendo bene le parole.
“Sarà il periodo più bello della tua vita”
Ma torniamo a quel giorno, inizio maggio del 1977. “Lo ricordo bene – dice Maria – Eravamo molte ragazze, ci siamo trovate davanti tutti uomini: ci hanno accolto bene, ci siamo sentite subito a nostro agio. Mi è piaciuto molto questo impiego, lavoravo tantissimo. Quando c’erano zone con palazzi con il portiere, come i Parioli, era una manna: lasciavamo la corrispondenza e ci sbrigavamo a tornare in ufficio. Si consegnava la placca con il nostro numero e si preparava il giro successivo, che veniva assegnato in ordine di arrivo. Era quasi una gara, tutti sapevano che i primi giri erano quelli più appetibili, quindi lavoravamo di buona lena”. Nei primi giorni, appena assunta, Maria fece un incontro negli uffici di piazza San Silvestro: “Era un dirigente di Poste, purtroppo non ne ricordo il nome. Mi prese da parte e mi disse: “Goditi questo periodo. Sarà il più bello della tua vita”. Aveva ragione, ho lavorato in Poste per 42 anni da quel giorno: tutto ciò che ho fatto nella mia vita è grazie a Poste. Il lavoro mi è sembrato sempre un gioco, non vedevo l’ora di alzarmi e arrivare sul posto”. Dopo la fattorina, Maria è stata commessa interna poi impiegata agli sportelli. “Sono stata trasferita al mio paese, sono diventata mamma. Ho lavorato anche a Rimini, quindi a Milano, sempre agli sportelli, e alla bellissima esperienza del Poste Shop. Ho vissuto la trasformazione di Poste dal manuale al digitale. Conoscevo il lavoro in ogni suo aspetto, eppure il passaggio alla tecnologia è stato duro: e chi lo conosceva il pc? Ma lo abbiamo fatto, ci siamo applicati. Ed è stato interessante”. La sua è una testimonianza di quanto Poste vada oltre gli stereotipi di genere: “Questa azienda è sempre stata vicina alle donne. Non ho mai avuto esperienze di diseguaglianze sul lavoro. Ho potuto fare una famiglia anche grazie all’aiuto dell’azienda. Ho un figlio maschio, ha preso una strada diversa dalla mia, è un attore, ma anche lui come me è molto felice del suo lavoro”.
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