È da tempo che i giovani italiani non si sentono ben voluti dal proprio Paese e dai propri territori di origine, sempre più spinti a cercar fortuna altrove. La via per l’estero si presenta loro quale unica scelta da adottare per la risoluzione di tutti i problemi esistenziali (autonomia, serenità, lavoro, genitorialità, ecc.). E così ci si trova di fronte a una Italia demograficamente in caduta libera se risiede e opera all’interno dei confini nazionali e un’altra Italia, sempre più attiva e dinamica, che però guarda quegli stessi confini da lontano. È quanto emerge dalla XVII edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, presentato ieri mattina a Roma.
I numeri
Al 1° gennaio 2022 i cittadini italiani iscritti all’AIRE sono 5.806.068, il 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia. Non c’è nessuna eccezione: tutte le regioni italiane – si legge nel testo – perdono residenti aumentando, però, la loro presenza all’estero. La crescita, in generale, dell’Italia residente nel mondo è stata, nell’ultimo anno, più contenuta, sia in valore assoluto che in termini percentuali, rispetto agli anni precedenti. Dal 2006 al 2022 la presenza degli italiani all’estero è cresciuta del 87% passando da 3,1 milioni a oltre 5,8 milioni.
L’onda lunga della pandemia frena la mobilità italiana
L’Italia è irrimediabilmente legata alla mobilità e inevitabilmente chiamata, oggi, a fare i conti con le difficoltà degli spostamenti dovuti alla pandemia, evento globale i cui effetti si stanno sentendo sul lungo periodo con modalità e accenti diversi, sottolinea la Fondazione Migrantes nel Rapporto: questo non significa non spostarsi, non significa essersi fermati, ma aver ridotto gli spostamenti “ufficiali” che, comunque, riguardano un numero consistente di giovani, partiti soprattutto dal Nord Italia alla volta prevalentemente dell’Europa. Molti probabilmente lo hanno fatto ricorrendo all’irregolarità, non ottemperando, cioè, all’obbligo di legge di iscriversi all’AIRE poiché, in tempi di emergenza sanitaria, suona forte – e non potrebbe essere altrimenti – il campanello di allarme relativo alla perdita di assistenza sanitaria che rappresenta, da sempre, il principale motivo che trattiene chi parte per l’estero a iscriversi all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero.
Le partenze per “espatrio” avvenute lungo il corso del 2021 – sottolinea il Rapporto – sono state 83.781, la cifra più bassa rilevata dal 2014, quando erano più di 94 mila.
La geografia degli espatri
Quello che si pensava potesse accadere alla mobilità italiana durante il 2020 è avvenuto, invece, nel corso del 2021: la pandemia, cioè, ha impattato sul numero degli spostamenti dei nostri connazionali, riducendoli drasticamente e trasformando, ancora una volta, le loro caratteristiche. Rispetto al 2021 risultano 25.747 iscrizioni in meno, una contrazione, in un anno, del -23,5% che diventa -36,0% dal 2020. Chi è partito per espatrio da gennaio a dicembre 2021 è prevalentemente maschio (il 54,7% del totale), giovane tra i 18 e i 34 anni (41,6%) o giovane adulto (23,9% tra i 35 e i 49 anni), celibe/nubile (66,8%). I minori scendono al 19,5%. I coniugati si attestano al 28,1%. A partire sono stati sempre più i giovani e sempre meno gli anziani (-19,6%) e le famiglie. In drastica riduzione anche il numero dei minori. Il 78,6% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2021 è andato in Europa, il 53,7% (poco più di 45 mila) è partito dal Settentrione d’Italia, il 46,4% (38.757), invece, dal Centro-Sud. La Lombardia (incidenza del 19,0% sul totale) e il Veneto (11,7%) continuano ad essere, come da ormai diversi anni, le regioni da cui si parte di più. Seguono: la Sicilia (9,3%), l’Emilia-Romagna (8,3%) e la Campania (7,1%). Tuttavia, dei quasi 16 mila lombardi, dei circa 10 mila veneti o dei 7 mila emiliano-romagnoli molti sono, in realtà, i protagonisti di un secondo percorso migratorio che li ha portati dapprima dal Sud al Nord del Paese e poi dal Settentrione all’oltreconfine.