New York, 26 giu. – Come spiegato la settimana scorsa, al termine della quarta riunione della Federal Reserve del 2019, il governatore Jerome Powell è tornato a indicare un taglio possibile dei tassi. Tutto però dipenderà dai dati macroeconomici in arrivo e dall’andamento delle relazioni commerciali tra Usa e Cina, da cui dipende l’economia mondiale. Per questo la Fed “è consapevole che la politica monetaria non dovrebbe reagire eccessivamente a singoli dati o a cambiamenti di breve termine dell’umore” dei mercati, che scommettono in una riduzione del costo del denaro a luglio.
Parlando al Council on Foreign Relations di New York, Powell ha spiegato che la banca centrale è impegnata a capire se “le incertezze continueranno a pesare sull’outlook e se di conseguenza richiederanno un ulteriore allentamento della politica monetaria”.
Il successore di Janet Yellen ha ribadito che alcune “correnti contrarie” sono riemerse, “inclusi gli sviluppi commerciali e le preoccupazioni riguardanti la crescita globale”. Dal primo maggio scorso, quando terminò la terza riunione dell’anno della Fed, “le cose sono cambiate di molto” ma fino ad allora la politica monetaria americana era “appropriata”.
Nel dire questo, Powell ha difeso i quattro rialzi dei tassi realizzati nel 2018 e contro i quali si è schierato il presidente Donald Trump, che solo ieri aveva accusato la banca centrale di essere un “bambino testardo” per non avere ancora tagliato il costo del denaro. Proprio sul pressing di Washington, Powell ha detto che la Fed “è isolata da pressioni politiche di breve termine” e che dunque è indipendente.
Forse il commento più “dovish”, da colomba, di Powell è stato quando ha detto che “è meglio agire preventivamente invece di aspettare che il quadro economico peggiori sempre di più (…) L’idea è che è meglio prevenire che curare. E’ quello a cui stanno pensando le banche centrali nel mondo, Fed inclusa”.