Roma, 22 lug – Si apre una fase di rinnovata attenzione dei mercati sulle due più rilevanti Banche centrali globali. La Bce, che tra mercoledì sera e giovedì vedrà tornare a riunirsi il Consiglio direttivo, e la Federal Reserve statunitense, che invece terrà il suo direttorio (il Fomc) martedì 30 e mercoledì 31 luglio.
Mercati e osservatori hanno però avuto quadri non lineari su cui costruirsi aspettative delle possibili misure, ove venissero decise in risposta alla situazione di incertezza e possibile moderazione che giunge dall’economia globale. Sulla Bce ad oggi c’è stato un generico rafforzamento della retorica espansiva, dovuta alla lentezza con cui l’inflazione mostra di voler risalire ai valori auspicati.
In occasione del simposio annuale a Sintra, in Portogallo, il presidente Mario Draghi è stato piuttosto esplicito nell’affermare che il trascinarsi di questa dinamica rende necessario pensare a nuovi stimoli. Fino al punto di ipotizzare perfino una ripresa degli acquisti netti di titoli di Stato (e questo è stato un fattore molto determinante nel favorire il calmieramento degli spread sui Btp italiani delle ultime settimane).
Più di recente tuttavia alcune speculazioni di stampa hanno evocato la possibilità che l’istituzione possa spingersi a rivedere l’obiettivo ufficiale di inflazione, in base al quale definisce il quadro di “stabilità dei prezzi” che in base ai trattati europei è tenuta a conseguire. Fin dal suo debutto, questa voce è stata definita come un caro vita medio dell’area euro “inferiore ma vicino al 2 per cento”. E in diverse occasioni, negli anni scorsi ma anche di recente, Draghi ha smentito che si intendesse modificare la formula, spiegando come una operazione simile potrebbe avere effetti non positivi sulla credibilità della Bce nel perseguire i suoi target.
Ad ogni modo le decisioni su tassi, aspettative della stessa Bce sul futuro dei tassi e Quantitative easing verranno annunciato alle 13 e 45 di giovedì. Alle 14 e 30 il presidente terrà la sua conferenza stampa esplicativa, dove gli verrà certamente chiesto anche di commentare la recente designazione della francese Christine Lagarde, già direttrice del Fmi, quale suo successore da novembre.
Poi toccherà alla Federal Reserve, e in questo caso le aspettative dei mercati sono state particolarmente sollecitate nelle ultime settimane da indicazioni contrastati.
Dopo una fase in cui si era andata consolidando la previsione di un taglio dei tassi di interesse a luglio, questo scenario è andato improvvisamente in crisi a causa della solidità dei dati sul mercato del lavoro Usa. Il tutto ha innescato volatilità e diffusi rafforzamenti del dollaro sul mercato dei cambi, dato che la prospettiva di una Fed meno morbida tende a sostenere la valuta di riferimento.
Ma nelle ultimissime settimane diversi esponenti della Fed, tra cui anche il presidente Jerome Powell, che è stato oggetto di aperte critiche da parte del capo della casa Bianca Donald Trump, hanno riacceso le speranze di un taglio dei tassi. Anche su questo tuttavia il clima di confusione non si è diradato, anche perché sono giunte indicazioni dai vari governatori che siedono nel direttorio interpretate in maniera contraddittoria, tra chi faceva pensare a un maxi taglio da 50 punti base e chi invece escludeva interventi.
Nel frattempo nelle settimane più recenti il cambio euro-dollaro, estremamente sensibile a ogni sviluppo sul versante delle banche centrali, ha fluttuato in una banda relativamente limitata tra 1,1180 e 1,1280 dollari. Nel pomeriggio la valuta condivisa si scambia a 1,1212 dollari.