Roma, 2 ott – Potremmo avere sotto il nostro naso la risposta a malattie gravi come il cancro o l’Alzheimer e non saperlo ancora. Potremmo anche avere i mezzi necessari per rendere il nostro Sistema Sanitario Nazionale più sostenibile ed efficiente, cioè in grado di rispondere a tutti i bisogni dei cittadini senza sprechi, solo che oggi non li vediamo. E ancora: potremmo sapere già adesso se e in che modo i cambiamenti climatici, e l’ambiente in generale, stanno influenzando la nostra salute, e quali sono le vere minacce sanitarie del futuro, solo che oggi non lo sappiamo ancora. Semplicemente perché non abbiamo ben compreso come sfruttare tutte le potenzialità dei Big Data.
In questa enorme mole di dati, riguardanti le più svariate discipline, potrebbero infatti celarsi tutte le risposte alle più urgenti domande di salute. Risposte che oggi possiamo ottenere grazie a metodi di analisi e tecnologie sempre più sofisticate. Serve solo volontà politica e stretta collaborazione tra università, enti di ricerca, istituzioni e aziende. E’ questo il messaggio principale lanciato in occasione della terza edizione della Conferenza Big Data in Health 2019, che si è aperta oggi a Roma, presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Scienziati, medici, aziende e istituzioni si riuniranno fino al 4 ottobre per confrontarsi sulle opportunità dell’utilizzo dei Big Data in ambito medico sanitario.
Lo scopo è di condividere risultati scientifici e linee di ricerca attuali e future, nonché di affrontare i temi caldi riguardanti la privacy dei pazienti e la sicurezza delle infrastrutture che devono proteggerli. “I dati sono il nostro nuovo oro”, dice Antonio Scala – chair della Conferenza, ricercatore dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e presidente della Big Data in Health Society, la neonata associazione che ha promosso la conferenza. “Per beneficiarne dobbiamo sapere come estrarlo, raffinarlo e lavorarlo, mettendo insieme competenze multiple e creatività. Questa nuova edizione di Big Data in Health – aggiunge – si propone come luogo in cui i vari attori del mondo della sanità e della salute si incontrano per fare rete e affrontare insieme i nodi centrali della questione nella speranza di non perdere quella che forse può essere considerata la nostra più importante occasione di migliorare la salute e la sanità italiana”.
Questa prima giornata, organizzata in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), è dedicata ai Big Data relativi all’ambiente, agli stili di vita e alla salute. Si discute dell’opportunità di integrare queste tre campi per poter disporre di preziosissime informazioni che possono aiutarci a disegnare interventi sanitari più precisi e puntuali. Comprendere nel dettaglio che certe patologie sono collegate a stili di vita poco salubri o a problemi di tipo ambientale può suggerire nuove strategie di prevenzione e cura, così come suggerire ai decisori politici dove e come intervenire.
Ad aprire i lavori della giornata, il Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, Sergio Costa che sottolinea come “il valore della naturalità esprime una profonda complessità che trova riscontro negli straordinari numeri della biodiversità animale e vegetale e dei parametri ambientali che il nostro Globo registra; ma anche le minacce naturali e antropiche toccano differenti livelli di scala e di complessità procurando alterazioni e cambiamenti nella stabilità degli ecosistemi, riducendo la funzionalità e la resilienza. Gli strumenti matematici e geostatistici per lo studio della complessità ambientale e delle possibili relazioni con la salute umana rappresentano uno strumento fondamentale per la comprensione dei processi che possono impattare sulla qualità della vita”.
Nel primo giorno della conferenza gli esperti esplorano anche la possibilità di creare nuove basi di dati che, grazie anche all’interesse ed alla partecipazione dei cittadini, possono arricchire ulteriormente i nostri già preziosi Big Data. Ampio spazio è stato riservato all’accessibilità dei dati e alla necessità di “standardizzarli” per poterli integrare.