Roma, 21 nov – E’ la fotografia di un Consiglio direttivo Bce che appare abbastanza unito quella che emerge dai verbali dell’ultima riunione, che si è svolta lo scorso 23 e 24 ottobre e che è stata anche l’ultima sotto la presidenza di Mario Draghi. Dal primo novembre gli è subentrata la francese Christine Lagarde. E nelle “minute” dell’incontro, pubblicate oggi dall’istituzione, non vi è riscontro di quelle divisioni che alcune ricostruzioni di stampa avevano riferito sul direttorio. Divisioni che pure in altri casi erano emerse sui verbali.
Innanzitutto sulla valutazione del contesto macroeconomico, che è quello di un indebolimento dell’economia dell’area euro. “I componenti del Consiglio – recita il documento – generalmente hanno condiviso le prospettive sull’attività economica” illustrate da Philip Lane, l’esponente irlandese del Comitato esecutivo che svolge anche le funzioni di economista capo.
Sotto i riflettori sono finiti soprattutto i segnali di debolezza delle indagini presso le imprese (l’indice Pmi o Purchasing managers index), che oltre ad essere ai minimi dal 2012 hanno anche segnato il calo più prolungato dalla crisi globale del decennio passato. E con allarmanti indicazioni di contagio della debolezza del manifatturiero nel terziario.
Lo scorso settembre, a fronte di questa situazione, la Bce aveva varato un nuovo e ampio pacchetto di stimoli. Giustificato con l’obiettivo di favorire un ritorno dell’inflazione verso i valori obiettivo (inferiore ma vicina al 2 per cento). Questi stimoli erano stati oggetto di discussioni e in alcuni casi dissensi.
L’ulteriore peggioramento del quadro sembra però aver zittito il dissenso, almeno nelle minute. Non solo non viene contestata la valutazione sulla dinamica di debolezza. Ma nella riunione “è stato sottolineato – si legge – come le informazioni giunte da settembre hanno confermato il pronunciato rallentamento della crescita nell’area euro e un continuo procedere a rilento dell’inflazione rispetto agli obiettivi, in questo modo giustificando le decisioni prese dal Consiglio”.
In pratica, viene messo nero su bianco che le misure che a settembre sarebbero state viste con scetticismo da alcuni (i falchi, solitamente del Nord Europa, sostenitori di una politica monetaria più intransigente) erano più che appropriate. Non solo. “C’è stato un ampio consenso – recitano ancora le minute – sul fatto che la politica monetaria debba restare fortemente espansiva per un protratto periodo di tempo, a fronte della persistente debolezza dell’economia e degli sviluppi sottotono dell’inflazione”.
E poi la frase che forse più di tutte spiega l’assenza di nuove tracce di dissenso. “Guardando avanti, è stato fatto un forte richiamo all’unità del Consiglio direttivo. Mentre è stato sottolineato che se discussioni franche e aperte sono assolutamente necessarie e legittime, è stato ritenuto importante creare un consenso e unire il Consiglio sullo scopo di perseguire l’obiettivo di inflazione”.
In estrema sintesi, il presidente uscente, Draghi, dopo aver varato i nuovi stimoli, non solo non lascia in eredità un Consiglio diviso, come descritto in alcune ricostruzioni. Ma, almeno da quanto descrive questo documento, nella sua ultima riunione è anche intervenuto per ricomporre il direttorio, prima di passare le consegne a Lagarde.