Milano, 2 dic – Un accordo con la CDP per una piattaforma attraverso la quale i fondi pensione negoziali potranno investire in strumenti finanziari a supporto del sistema produttivo del Paese. Una serie di iniziative per incentivare le adesioni alla previdenza complementare, anche attraverso l’educazione previdenziale nei luoghi di lavoro. Una ferma richiesta al regolatore politico per una riforma non più differibile del sistema pensionistico e di welfare, a cominciare da una tassazione più coerente con le finalità previdenziali e sociali dei fondi pensione. Nella sua relazione all’assemblea annuale il presidente di Assofondipensione, Giovanni Maggi, ha presentato una realtà – quella dei fondi pensione negoziali – ormai matura per assumere un ruolo di pilastro della sostenibilità del sistema pensionistico e del sistema sociale in senso più ampio. Nata nel 2003 da Confindustria, Confcommercio, Confservizi, Confcooperative, Legacoop, Agci, Cgil, Cisl, Uil e Ugl, Assofondipensione riunisce 30 fondi istituiti nei principali comparti produttivi, con 3 milioni di lavoratori iscritti. Un patrimonio complessivo di quasi 56 miliardi fa dei fondi pensione negoziali delle più importanti realtà di investimento istituzionale del Paese.
Oggi i fondi pensione italiani investono soltanto lo 0,9% in azioni italiane. Sono mancate sinora, ha sottolineato il Presidente di Assofondipensione, “soluzioni di investimento, veicoli funzionali all’economia italiana e una fiscalità di vantaggio”. Maggi ha così annunciato l’iniziativa con la Cassa Depositi e Prestiti (CDP): “Una piattaforma per gli investimenti dei fondi pensione negoziali in strumenti finanziari di private equity, private debt, ad impatto sociale, con l’obiettivo di favorire la diversificazione/decorrelazione del rischio di portafoglio da un lato e il sostegno all’economia, all’occupazione e alla coesione sociale del Paese dall’altro”. Gli investimenti arriveranno al sistema produttivo attraverso i fondi di fondi gestiti da Fondo Italiano di Investimento SGR, come ha spiegato nel suo intervento l’amministratore delegato Fabrizio Palermo. L’obiettivo del progetto è raccogliere almeno 500 milioni, in aggiunta alle risorse che CDP mobiliterà accanto a quelle dei fondi pensione.
Per favorire le adesioni sia dei nuovi assunti sia degli occupati, Maggi ha proposto un semestre di silenzio-assenso, sull’esempio di quanto avvenuto nel 2007 e nel rispetto del principio di volontarietà. Sul tema dell’adesione tramite il cosiddetto contributo contrattuale, Maggi ha sostenuto che “occorre fare un passo in avanti e trovare, anche d’intesa con le parti sociali, le soluzioni per promuovere conoscenza e consapevolezza degli iscritti sull’opportunità di una adesione piena dal punto di vista contributivo (quindi anche con il TFR), senza la quale si generano posizioni modeste che rischiano rapidamente di essere erose dai costi, minacciando così l’efficienza complessiva del sistema”.
Nella sua relazione il presidente di Assofondipensione si è rivolto anche al legislatore: “Alla data odierna non sembrano previsti nella manovra di bilancio interventi strutturali per rendere più appetibili i fondi pensione, malgrado le richieste da tempo avanzate dalla nostra come da altre Associazioni di rappresentanza, dalle Parti sociali e dalla stessa Covip. Sarebbe invece auspicabile un provvedimento organico e complessivo in tema di previdenza, sia di primo sia di secondo pilastro”. Maggi ha indicato, tra gli obiettivi di una riforma, la disciplina fiscale, oggi “troppo limitata, inidonea a rispondere alle attuali esigenze prospettate dall’evoluzione della società in generale e del mondo del lavoro in particolare”. E ha fatto riferimento esplicito al regime della tassazione dei rendimenti dei fondi pensione, con calcoli e prelievi penalizzanti e un’aliquota addirittura aumentata negli ultimi anni dall’11% al 20%.
Tutte le categorie di fondi hanno riportato le performance in territorio positivo, con i negoziali che hanno guadagnato il 6,4%, “Risultati in netto rialzo – ha sottolineare Maggi – rispetto a quelli registrati a fine 2018: allora infatti nessuno era riuscito a performare meglio non solo rispetto alla rivalutazione del TFR, ma anche agli altri rendimenti-obiettivo, inflazione e media quinquennale del Pil”. Su fronte dei costi, i fondi negoziali si confermano i meno onerosi. Nel periodo da inizio 2009 a fine 2018, ha ricordato il presidente di Assofondipensione, il rendimento medio annuo composto è risultato pari al 3,7% per i fondi negoziali, a fronte di una rivalutazione media annua composta del TFR pari al 2%. Sull’orizzonte decennale, si confermano rendimenti positivi per tutte le tipologie di comparto, con gli azionari, i bilanciati e gli obbligazionari misti che registrano performance superiori rispetto ai garantiti e agli obbligazionari puri.