“L’Italia, nel momento del bisogno, ritrova il suo straordinario tessuto di connessioni. È successo durante gli anni del terrorismo, dopo i terremoti e mi auguro che accada anche in questo autunno, che si preannuncia molto complicato». Monica Setta conduce con Tiberio Timperi “Uno mattina in famiglia”, il contenitore di infotainment del weekend di Rai1 in onda il sabato e la domenica mattina, quella parte della settimana in cui, dice, «bisogna entrare in punta di piedi nelle case degli italiani e regalare anche dei momenti di leggerezza”.
Per le famiglie italiane è un momento molto delicato. Che compito vi siete dati?
“Il direttore di Rai1 Stefano Coletta è stato molto chiaro scegliendo due giornalisti navigati come me e Tiberio. Ci ha chiesto grande rigore dal punto di vista delle fonti per parlare al pubblico delle famiglie italiane in momenti che spesso vedono uniti davanti alla tv nonni, genitori e nipoti. Parlare di temi come il Covid, la scuola e la situazione economica in particolare, richiede un’informazione ampia e rigorosa con il metodo che io chiamo della giusta distanza, né enfatizzando né minimizzando. Cerchiamo anche di mantenere un tono più lieve con il nostro ricco carnet di rubriche”.
Dopo la “pandemia” anche informativa, ritieni che il pubblico senta l’esigenza di ricevere comunicazioni semplici?
“Più che altro avverto l’esigenza di differenziare. Uno spazio di approfondimento come il nostro deve differenziarsi dal Tg e anche dall’edizione classica di Uno Mattina rispondendo all’esigenza di leggerezza di chi ci segue il sabato e la domenica mattina. Non dobbiamo smettere di offrire un sorriso perché il rischio di virare verso l’ansiogeno è molto elevato. Sappiamo che una frase sbagliata crea il panico, occorre controllare l’emotività delle notizie. Io lavoro moltissimo sull’empatia con il pubblico. È un talento che si coltiva. Ho imparato a farlo usando i social, dedicando due-tre ore al giorno a rispondere ai messaggi. La gente si fidelizza, ti segue in televisione e tu riesci a capire nel tempo i bisogni del pubblico. È un lavoro extra: partire dal web per la tv e poi compiere il percorso inverso. Con l’esperienza ho notato che chi riesce a vincere la partita degli ascolti pratica questo livello di interattività”.
Tra le figure che gli italiani hanno “riscoperto” durante il lockdown, c’è quella dei portalettere che hanno consegnato pacchi di tutti i tipi. Pensi che l’immagine dell’impegno di questa e di altre categorie sia rimasto nella mente degli italiani?
“Personalmente, ho un rapporto molto stretto con le lettere. Mando ancora le cartoline. Gli italiani hanno fatto di necessità virtù affidandosi ai servizi di delivery e incrementando il ricorso all’e-commerce. Ho visto molta gente usare il vettore postale per spedire pacchi e devo dire che, durante l’isolamento, avere una persona che ti recapitava le lettere e i pacchi ha creato un legame profondo con questa figura che credo sia destinata ad avere ancora un ruolo importante”.