Teresa Saponangelo è una madre indimenticabile nel film di Paolo Sorrentino “È stata la mano di Dio”. I tratti autobiografici e la bravura di questa straordinaria attrice hanno consegnato un ruolo che – in una piccola parte della pellicola – entra di diritto nell’immaginario cinematografico comune, per l’alternanza di registri e lo stato di grazia di Teresa e dell’intero cast dell’ultima fatica del premio Oscar.
Chi è Maria Schisa secondo Teresa Saponangelo e che tipo di approccio hai avuto al ruolo, visti i diversi registri con cui ti sei trovata a dover recitare, dall’estrema allegria alla disperazione?
“Maria Schisa è l’icona della madre, una madre apparentemente classica, ma con le sue caratteristiche che l’hanno resa un personaggio così divertente per il pubblico, al quale ci si affeziona. Oltre ad avere una veste classica di madre che accudisce, è anche una madre che fa scherzi, come quello dell’orso o quello di Zeffirelli. La madre di Paolo era veramente così, faceva scherzi pazzeschi. È un personaggio che ha in sé tratti molto gioiosi e drammatici, che convivono. Oltre a essere il ricordo di Paolo di sua madre, e questo sguardo alla memoria è molto interessante per un’attrice. Il mio lavoro è stato dunque ricordare qualcosa di autentico e allo stesso tempo creare qualcosa di nuovo”.
Paolo Sorrentino ti ha parlato del rapporto con sua madre per prepararti al film?
“Non tanto, la strada era indicata dalla sceneggiatura. Però ricordo che mi ha detto: “Sorridi, sorridi sempre. Trasmetti gioia e ti avvicini a quello che era mia madre”. Poi mi sono mossa in maniera libera, ricorrendo alle mie figure materne, a mia nonna paterna, ad esempio, che sento molto simile a Maria”.
Tra te e Sorrentino c’è un passato in comune.
“Abbiamo praticamente debuttato insieme, io come attrice lui in produzione nel film “Il verificatore” di Stefano Incerti. Poi ci siamo persi di vista, ma abbiamo comunque un vissuto simile che ha facilitato il mio lavoro in ‘È stata la mano di Dio’: la Napoli degli anni ’80, quella Napoli popolare che io ho conosciuto da adolescente, anche in quartieri complessi. Ci sono altri elementi che sono entrati in gioco: su tutti l’amicizia e la stima che mi lega a Toni Servillo, con cui ho lavorato a teatro nel ‘Tartufo’ di Moliere dove interpretavo Dorina. E poi la figura fondamentale di Antonio Capuano, per me e per lui un punto di riferimento altissimo: molto delicato nonostante la sua forza nel linguaggio, quel suo modo di fare senza freni. Antonio per me ha avuto la stessa importanza che ha avuto con Paolo e che si vede chiaramente nel film. Mi ha sempre sostenuto anche in momenti difficili della mia carriera”.
Che significato ha avuto essere attrice ed essere madre durante questa pandemia?
“È stato un periodo particolarmente duro, ho un figlio adolescente e ha subìto come molti altri ragazzi le tante chiusure. Adesso ne stiamo uscendo e di questo sono felice: ne stiamo uscendo anche attraverso il mio lavoro, grazie al teatro. Dopo aver visto il film mio figlio ha detto: ‘Toni Servillo è il più grande attore italiano. E anche mamma è stata brava’”.
La lettera di Sorrentino alla madre è una testimonianza importante per capire la sua poetica registica. C’è nel tuo cassetto una lettera che non hai mai spedito?
“Ho scritto e ricevuto tante lettere, ho uno scatolone enorme di lettere scritte da amici, ex fidanzati, persone a cui ho voluto bene, amici artisti. Ne ho ritrovata una che non ho mai avuto il coraggio di inviare quando ero al liceo: quattro pagine fitte fitte per il mio professore di matematica, che tutte adoravamo perché era un personaggio atipico e bellissimo. Entrava in classe con il Don Chisciotte sotto braccio, io lo paragonavo a modelli come Falcone e Borsellino, un esempio di giustizia e serietà. Ho sempre sentito il bisogno di avere dei riferimenti alti, dei padri putativi. Proprio come Paolo e me con Antonio Capuano”.
Ora sei a teatro, cosa c’è nel futuro di Teresa Saponangelo?
“Molte cose belle. Ho appena concluso uno spettacolo bellissimo con il gruppo di Nuovo Teatro Sanità, il rione di Napoli dove stanno nascendo associazioni importanti di cultura e piene di entusiasmo. Tornerò poi al Mercadante di Napoli, ancora con il ‘Tartufo’ diretto stavolta da Jean Bellorini; quindi a marzo andrà in onda la serie ‘Vincenzo Malinconico avvocato’ dai libri di Diego De Silva e sto lavorando a ‘Generale Dalla Chiesa’, interpretato da Sergio Castellitto. È un momento molto felice”.