In volo verso Sydney, sulle tracce lasciate dai totem della musica italiana, da Domenico Modugno a Luciano Pavarotti. Il 21 aprile Massimo Ranieri canterà per la prima volta alla mitica Sydney Opera House, coronando così un lungo tour che lo vede impegnato in Italia e all’estero con lo spettacolo “Tutti i sogni ancora in volo”. «L’emozione c’è sempre grazie a Dio altrimenti non continuerei a fare questo lavoro. Starei dietro a una scrivania a fare il manager o lo scopritore di nuovi talenti. L’emozione è sempre tanta». Da artista navigato sa gestire le emozioni ma l’affetto del pubblico, tanto e caloroso, si vede che lo rende felice. Postenews, il giornale del Gruppo Poste Italiane, ha incontrato Massimo Ranieri a Roma, al Teatro Sistina, una delle tappe del tour 2024 dello spettacolo ideato e scritto con Edoardo Falcone: l’artista propone alcuni dei suoi successi, canzoni scelte tra le oltre duemila che ha nel suo carnet.
Un anno e mezzo fa sei stato nominato Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana. Che effetto ti ha fatto ricevere la prestigiosa onorificenza dal prefetto di Roma Bruno Frattasi?
“Mi ha commosso. Se mi avessero detto quando ero giovane che sarebbe successo avrei detto “ma che stai pazziando?”. Ancora oggi non ci credo, ho appeso l’attestato al muro e lo guardo incredulo. La cultura italiana ha un peso enorme, questa cosa resta nel sangue di chi la deve distribuire. È meraviglioso che ci siano le istituzioni che sanno e vedono tutto”.
Sei un modello?
“No, ancora mai sulle passarelle (ride, ndr)”.
Capita ancora di avere paura?
“Ogni tanto dico: ma chi me lo ha fatto fare? No, non ci riesco! Lo dico ogni volta che affronto una novità; poi però la volontà, la caparbietà, la curiosità, la voglia di trovare nuove strade, provare nuovi strumenti mi danno la forza di raggiungere l’obiettivo. Insomma, ancora oggi, a settanta anni, ho ancora la voglia di sperimentarmi… forse perché il più delle volte mi è riuscito”.
Hai da poco pubblicato un nuovo album di inediti, “Tutti i sogni ancora in volo” prodotto, come l’album precedente, da Gino Vannelli e scritto, negli anni, da Pino Donaggio, Ivano Fossati, Bruno Lauzi, Pacifico, Giuliano Sangiorgi, Gianni Togni e Franco Fasano e da Giuliano Baldassi, Gerardo Di Lella, Fabio Ilacqua e i fratelli Carlo e Niccolò Verrienti.
“Questo è il secondo album nato dalla collaborazione con Gino Vannelli, uno dei più grandi artisti conosciuti da sempre. Si è instaurato tra noi un rapporto sincero e profondo di amicizia e d’affetto, è il mio produttore acclarato. Stiamo già lavorando a un altro album, tra una tournée e un’altra. Vannelli è un musicista straordinario, io ero e sono un suo ammiratore, un suo fan, quindi lavorare con lui è stato un sogno che si è avverato. Ha le corde vocali fatate. Lo apprezzavo ma quando l’ho sentito dal vivo sono rimasto incredulo, colpito, ammirato”.
Al Festival di Sanremo 2022 hai vinto il Premio della Critica Mia Martini con “Lettera di là dal mare”, una poesia tra nostalgia e speranza. Dove sei tu?
“Speranza, ovviamente ma anche un po’ di nostalgia. Mi manca la mia terra, intesa come la casa d’origine, la mia terra natia. E i miei genitori: solo quando se ne vanno, purtroppo, capiamo che non ci sono più. Crediamo che vivranno sempre, tremila anni, ma mancano, anche se li sento sempre vicini. Ma, soprattutto c’è la speranza. Speranza nel futuro, in questo Paese, speranza che vada come dovrebbe andare, anche se tutto il mondo sembra si stia staccando dal suo baricentro. Non voglio essere pessimista ma, oggi il futuro è meno roseo di come lo abbiamo visto noi da giovani. Ovviamente siamo qui e crediamo nelle istituzioni, nelle persone che ci dovrebbero guidare e che dovrebbero guidare soprattutto i giovani. Anche se proprio loro sembrano essere allo sbando”.
Una lettera nella tua vita?
“Di lettere ne ho ricevute tantissime, soprattutto dai miei fan. Qui in camerino ho una lettera che mi ha lasciato la signora addetta alle pulizie, un pensiero carino da una signora che fatica, che non vuole foto, non vuole dediche, mi ha lasciato un biglietto affettuoso per il mio lavoro. C’è ancora gente vera e incontrarla scalda il cuore”.
Ad applaudire nei tuoi concerti tanti adulti ma anche tanti giovani che cantano le tue canzoni…
“Il segreto sono i genitori che hanno tramandato di figlio in figlio l’affetto per il cantante. Loro capiscono la sincerità del mio lavoro. Sono cantante da un’altra epoca, che canta ancora oggi. Oggi gli artisti sono diversi, hanno un modo diverso di esprimersi”.
“Rose rosse per te”: hai insegnato a molti giovani l’importanza di un gesto di amore.
“Oggi trovare un ragazzo con questa sensibilità, che porta magari una margherita che costa meno, è un po’ difficile. Anche se, per la verità, crescendo questi giovani ritrovano un po’ di romanticismo”.
Tra le tappe del tour c’è anche l’Australia: gli italiani all’estero ti amano, come vivi queste trasferte?
“Come un legame forte, sono stato spesso all’estero. Ho iniziato a 13 anni. Forse ho lasciato un piccolo segno… speriamo di rivederci. In questi 60 anni ci siamo visti tante volte e l’affetto è rimasto sempre invariato. Il ricordo passa di padre in figlio, adesso vedo anche i nipoti e spesso devo parlare anche in inglese, perché molti di quelli che cantano le mie canzoni non parlano l’italiano. Quando ero a Brooklyn si parlava solo siciliano. Dall’Australia manco da trent’anni e sono curioso di vedere come mi accoglierà il pubblico. Ciò che mi emoziona già da ora è un altro sogno che si avvera: cantare in questo grande teatro, l’Opera House di Sydney. Non so come sarà, vorrei chiederlo a Modugno o a Luciano (Pavarotti, ndr) ma non ci sono più. Ve lo racconterò al ritorno”.
Tutti i sogni ancora in volo… Se dovessi sceglierne uno per farlo avverare, quale diresti?
“Che le cose possano andare meglio, per tutti. Che il Paese possa ritrovare il suo posto nel mondo. Oggi sembra che ci sopportino e supportino, perché ci amano ma meritiamo di più. Abbiamo molti motivi per essere fieri come italiani. Vorrei che le cose andassero meglio per i giovani, perché quello che dovevamo fare lo abbiamo quasi fatto del tutto… Riserviamoci sempre un sogno nel cassetto”.
Se potessi scegliere un lavoro nuovo per due giorni della tua vita, oggi che faresti?
“L’informatico! Invidio i giovani che hanno questa facilità spaventosa di controllo delle tecnologie. Per due giorni vorrei essere un mago dei computer”.
Le canzoni con l’intelligenza artificiale?
“Assolutamente no. Non credo che queste tecnologie nell’arte prenderanno piede. Serve il cuore. Il cuore e i sogni”.
(Isabella Liberatori)